








Canaglie ricordate: muoiono gli uomini non le idee...
Nel suo destino era infatti seguire fino all`ultimo, con fedeltà e dedizione, l`amato "Ben" (locuzione derivata dal nomignolo con cui chiamava il duce e che suscitò al tempo una cospicua produzione di facezie ed amenità). Donna avvenente e di indubbio fascino, appassionata di pittura e con qualche aspirazione a divenire attrice cinematografica (la sorella Miriam riuscì in qualche modo a diventarlo),
Claretta fu la fida compagna del capo del fascismo anche nei momenti più bui, e - si sostiene - non gli chiese mai di lasciare la moglie per lei. Travolta dagli eventi della seconda guerra mondiale, fu arrestata il 25 luglio 1943, alla caduta del regime, per essere poi liberata l`8 settembre, quando venne annunciata la firma dell`armistizio di Cassibile.
Il 27 aprile `45, durante l`estremo tentativo del capo del fascismo di espatriare in Svizzera per sfuggire alla cattura, fu anch`essa bloccata a Dongo da una formazione della 51° Brigata partigiana che intercettò la colonna di automezzi tedeschi con i quali il duce viaggiava. Da taluni si afferma che le sia stata offerta una via di scampo da lei ricusata decisamente.
Tutto risultò vano poiché il giorno dopo, 28 aprile, dopo il trasferimento a Giulino di Mezzegra, sul lago di Como, i due furono giustiziati, si disse, dal capo partigiano Colonnello Valerio (al secolo Walter Audisio - in tempi recenti si è però più credibilmente attribuita l`esecuzione ad Aldo Lampredi, detto "il partigiano Guido").
Si è anche detto che la Petacci abbia provato a proteggere Mussolini con il proprio corpo: su quest`ultimo punto però non vi sono certezze, anche se un`eventuale siffatto estremo slancio sarebbe stato tutt`affatto coerente con il carattere della donna ed il tono della relazione, e occorre notare che l`evento in sé ben si presta ad una certa romanzatura.
Il giorno successivo, il 29 aprile, a Piazzale Loreto (Milano), i corpi di Benito Mussolini e Claretta Petacci furono esposti, assieme a quelli di altri quattro gerarchi fascisti, appesi a testa in giù al tetto di un chiosco di benzina della Esso, tra la folla inferocita che li fotografava ed esprimeva tutto il proprio rancore.
La figura e la vita di Clara Petacci, forse per la nobile scelta di restare insieme al suo uomo anche nella tragedia più cupa e di morire insieme a lui (potendolo evitare), sono riuscite a restare sempre al di sopra delle pur acerrime polemiche politiche che hanno colpito tutte le figure in qualche modo legate al passato regime.
Claretta Petacci sulla spiaggia
Tuttavia sia Augusto che Mussolini possono essere letti e accostati secondo due ruoli che rivestirono entrambi: il rivoluzionario e lo statista.
Ultimamente è tornata molto di moda l’espressione "la prima marcia su Roma" - formula coniata da Ronald Syme nella sua splendida The Roman Revolution (1939) -, ossia quella che iniziò il futuro Augusto il 19 agosto del 43 a.C. attraversando il Rubicone (come già fece suo padre Cesare). Si era appena conclusa la cosiddetta "guerra di Modena" tra Ottaviano, investito del potere dal senato, e Antonio; durante i combattimenti perirono - in maniera più che sospetta - i due consoli Irzio e Pansa: Roma ora non aveva più i sommi magistrati che reggevano la repubblica. Questo vuoto di potere - casuale o abilmente macchinato - offrì a Ottaviano la tanto agognata "occasione" (kairòs in greco): richiese al senato il consolato per sé e ricompense ai suoi soldati; al netto rifiuto non esitò a marciare sull’Urbe.
Il giovanissimo Ottaviano (aveva solo diciannove anni!) era precoce, e mostrò tutta la sua abilità politica prima di entrare al senato: quest’ultimo gli aveva mandato a dire che era possibile indire regolari elezioni a cui gli era lecito partecipare. Ma a rifiuto Ottaviano oppose rifiuto, entrò nella curia e, gettando indietro il mantello e mostrando l'elsa della spada quasi del tutto sguainata, tuonò: "Questa lo farà console se non lo farete voi!". Allora Cicerone, prototipo del vecchio statista, si abbandonò a imbarazzanti blandizie con Ottaviano, con il recondito, benché vano, intento di poter meglio controllare il "ragazzo" (così lo chiamava nelle sue lettere). Questo ricordò a Syme il vecchio Giolitti che, dapprima umiliandosi, tentò invano di "pilotare", previa "marcia su Roma", il giovane (aveva appena trentanove anni) e arrembante Mussolini.
Ma il paragone tra Augusto e Mussolini per la Mostra Augustea della Romanità riguardava certamente le figure di Augusto e di Mussolini in quanto statisti.Se durante la campagna etiopica, infatti, il Duce fu accostato, come si addiceva al fondatore del sorgente impero, a Cesare, negli anni successivi la propaganda del regime fascista pose l’accento sul Mussolini ordinatore dello Stato. La contrapposizione Cesare-Augusto aveva ispirato anni prima l’opera di Guglielmo Ferrero (1871 - 1942) Grandezza e decadenza di Roma (1906-7 in 5 volumi) che lodava il lavoro oscuro e paziente di Augusto (in antitesi con quello più appariscente e risonante di Cesare) identificandolo con Giolitti: paragone che certamente nobilitava oltremodo il vecchio statista italiano.
Al contrario la personalità politica di Benito Mussolini, grazie alla sua imponente e lungimirante opera di strutturazione del regime fascista, meglio si attagliava a quell’Augusto che, da vero "architetto", aveva dato forma al Principato con riforme che investirono quasi tutti gli aspetti dell’apparato statale romano. Altro tratto in comune tra i due "duci", fu il carattere restauratore delle due rivoluzioni a cui diedero vita: Augusto, nel fondare il nuovo Stato, si propose di restaurare – per l’appunto – la tanto amata Res Publica, attraverso un oculato compromesso formale (come scrisse Tacito, i nomi erano gli stessi ma altri erano i concetti che essi esprimevano); anche Mussolini aveva donato alla rivoluzione fascista una connotazione non già sovversiva, bensì restauratrice. Ora che tale rivoluzione si stava esaurendo, e il Fascismo si andava affermando quindi come Regime, fu logica - e tutt’altro che peregrina - l’identificazione di Mussolini con Augusto.
Un ulteriore carattere lega, infine, i due statisti: l’auctoritas, la quale era la base del loro potere e che traeva la propria forza e legittimazione dal consenso pressoché unanime del popolo di cui essi godevano.
Tuttavia gli eventi che conclusero le loro esistenze non possono che differire in maniera più netta. Augusto morì alla veneranda età di quasi settantasei anni, con l’intima soddisfazione di aver edificato le fondamenta della Roma imperiale col plauso dei contemporanei e dei posteri; al contrario Mussolini soffrì il patibolo, al quale si avviò con l’animo sconsolato di chi è stato tradito da un popolo che tanto aveva amato, che, ingrato, avrebbe bestemmiato il suo nome nei decenni a venire.
Bruno Mussolini decorato da suo Padre
IN MEMORIAM
BRUNO MUSSOLINI
"AVIATORE DI TRE GUERRE,GIA
VOLONTARIO IN AFRICA E IN SPAGNA TRASVOLATORE DI
DESERTI E DI OCEANI,PIU VOLTE
CONSACRATO ALL EROISMO NELLA
BREVE PARENTESI DI UNA
GIOVINEZZA AUDACE MATERIATA
DI FEDE E DI AMORE DI PASSIONE E
DI BATTAGLIE.E CADUTO AL POSTO
DI COMBATTIMENTO CON NEGLI
OCCHI LA GIOIA
NELL ARDIRE,MENTRE EFETTUAVA UN
VOLO DI PROVA SU DI UN NUOVO
APPARECCHIO DA
BOMBARDAMENTO A GRANDE RAGGIO;
UNA DELLE PIU RECENTI CONQUISTE PER LE NUOVE BATTAGLIE E
PER LE NUOVE VITTORIE,COME SANNO SOLO DARE I PIONIERI E GLI EROI.
VOLENDO DARE MAGGIORI GLORIE ALL ALA DELLA PATRIA,LE HA DATO LA VITA."