lunedì 4 ottobre 2010

BUCCINO: La Gorla del Sud

BUCCINO: La Gorla del Sud

Buccino e Gorla: due località estremamente lontane ed estremamente diverse. La prima nell'entroterra della provincia salernitana, un paesino sperduto; la seconda alla periferia di Milano. Entrambe accomunate da barbari quanto immotivati bombardamenti dei criminali Alleati che consegnarono alla morte innocenti bambini.


All'indomani dello sbarco alleato del 9 settembre, le condizioni di vita della popolazione divennero sempre più precarie. Quelle poche derrate alimentari fornite tra mille difficoltà nei mesi precedenti, erano un puro ricordo. Iniziarono a fiorire il mercato nero e fenomeni di sciacallaggio favoriti dalla libertà concessa ai detenuti per reati comuni.

Per almeno dieci giorni la situazione sul fronte dello sbarco non era tranquilla, l'afflusso delle truppe tedesche fece temere un fallimento dello sbarco se non addirittura la fuga delle truppe anglo-americane. Proprio in questo contesto fu determinante l'azione dei bombardieri che incessantemente seminarono terrore e morte tra le popolazioni inermi.

Tra i tanti episodi più o meno noti merita di essere ricordato l'eccidio perpetrato ai danni della tranquilla e pacifica popolazione di un piccolo centro dell'entroterra salernitano, Buccino, che, come tanti altri, ricorda le "prodezze" dei liberatori. Questo episodio, più dei tanti altri forse ancora sconosciuti ai più, può destare raccapriccio e stupore. Vorrei avvicinarlo a ciò che accadde a Gorla, dove tanti piccoli innocenti vennero colpiti senza un motivo e una logica. Forse tentiamo di dare una spiegazione logica per ciò che logico non è, perchè dettato dalla pura bestialità ed incapacità ad agire ad armi pari e con lealtà. E' fin troppo facile mostrare i muscoli con i più deboli e ciò accadde a Buccino come a Gorla.

I corpi di 14 ragazzi vennero lasciati in un mare di sangue su un piccolo campo di calcio, dove questi adolescenti trascorrevano le loro giornate estive in attesa della riapertura delle scuole, che per loro non arrivò mai.

L'ignobile gesto dei "liberatori" non si limitò a spezzare queste giovani vite.

Nella stessa giornata il piccolo paese venne travolto da una marea di bombe che provocarono un centinaio di morti. La presenza nella zona di una colonna corazzata di soldati tedeschi aveva "autorizzato" gli angloamericani a compiere tali eccidi, che nel corso della guerra diventeranno tristemente frequenti soprattutto sulla popolazione inerme, colpevole, forse di considerare ancora alleati i tedeschi, nel rispetto dei patti e non come i caporioni di turno pronti a saltare sul carro dei vincitori.

Ripropongo per un degno ricordo di ciò che accadde, un articolo apparso dopo 11 anni dai fatti, pubblicato su un settimanale locale e a firma di Giacomo Mele, che fu negli anni successivi valente avvocato del foro salernitano nonchè combattivo dirigente del Movimento Sociale Italiano negli anni '70.

"Sedici settembre di undici anni fa! Ogni volta che penso a questa data un'accorata tristezza si diffonde nel mio spirito e mi torna nella mente, come portato attraverso le nebbie del tempo da riflessi sanguigni, un ricordo di morte.

Il sole del sedici settembre '43 rischiarò Buccino con sprazzi di torbida luminosità che scivolavano pesantemente giù dalle non lontane creste degli Alburni in un'aria immobile ed attonita, mentre neri stuoli di corvi tracciavano l'azzurra chiarità mattinale con cupe strida, quasi in un presagio di sventura.

Lontano, verso Salerno, rombava il cannone.

I campanili delle chiese dell'industre cittadina suonarono chiamando i fedeli alla Messa.
Una dopo l'altra si aprirono le botteghe e cominciò a scandire il suo tinnante inno al lavoro l'incudine del fabbro, a stridere la sega del falegname. Schiere di donne dai volti adusti di sole attraversando le strade si dirigevano verso i feraci vigneti degradanti verso il Tanagro per la vendemmia. Quest'anno però ogni letizia era morta; non un canto si levava dalle vendemmianti.

Seguivano tacitamente il monotono zoccolio degli asini carichi di tini con gli occhi pieni d'angoscia per i loro uomini lontani, travolti nel turbine della guerra.

Ma lo strano presagio di sventure sospeso nell'aria di quel giorno di settembre, quel non so che di terribile ed al tempo stesso di arcano che rendeva obliquo il volo degli uccelli e faceva scartare bruscamente gli asini carichi di mosto per non so qual nervosismo, non trovava rispondenza nell'animo sempre lieto dei fanciulli, che la tristezza e la malinconia toccavano fuggevolmente come l'acqua che cade sulla superficie convessa di uno specchio e, lambitala appena, rapidamente si sparge.

E voi eravate lieti, miei piccoli amici, che oggi avreste vent'anni, lieti come in tutti gli altri giorni di quella strana proroga di vacanze. Ricordo: non si sapeva quando si sarebbero riaperte le scuole, ogni giorno poteva essere l'ultimo di libertà, ogni giorno potevano riaprirsi per noi le aule maleolenti di inchiostro e di stantio.

Quel sedici settembre era un altro giorno di vacanza e vi tuffaste felici nello sfolgorio del sole, che doveva essere il vostro ultimo: una macabra larva dalle mani scheletrite e lorde di sangue vi tendeva l'agguato tra i tronchi e le cataste di tavole poste a stagionare presso quella segheria, che tante volte era stata teatro dei vostri giochi sperticati.

Sapete miei piccoli amici, io la ricordo spesso quella segheria e le nostre fantastiche cariche per immaginari campi di battaglia a cavalcioni degli immobili tronchi, e le accanite cacce alle lucertole con il lungo cappio d'erbaccia, gl'inseguimenti affannosi alle coccinelle, alle farfalle, e i graffi e gli strappi procuratici per cogliere le more dalle ostili siepi di rovi: e tutte tornate dinanzi alla mia mente: Nandino, Adolfo, Tonino, Ettore, Francesco ed altri ancora; un ghigno birichino, una testa adorna di riccioli neri, un ciuffo biondo, un viso scanzonato e sorridente, un camiciotto scucito, un pantaloncino consunto dal divertentissimo sdrucciolare lungo un canale di cemento, là, dietro la cappella di San Vito.

Giocavate beati tra i i tronchi quando un rombo di motori vibrò sinistramente nell'atmosfera. Erano gli arerei dei "liberatori". Voi non temeste: Nessuno in paese ebbe paura: Solo i colombi che tubavano sugli sbrecciati cornicioni di Sant'Antonio si levarono in volo nell'azzurro e scomparvero dietro le colline. Altre volte gli aerei dei "liberatori" avevano sorvolato Buccino, che era fuori d'ogni rotta strategica, ma si erano limitati a lanciare dei volantini esortanti la popolazione alla calma ed alla letizia, poichè tra pochi giorni le truppe alleate ci avrebbero portato la fiaccola luminosa della civiltà democratica.

Le stesse cose dai microfoni di radio Londra blaterava qualche rinnegato. E voi, miei piccoli amici, li vedeste venire gli aerei liberatori ed aspettaste il turbinio dei volantini nell'aria. La squadriglia volteggiò sul paese, poi si abbassò, picchiò, sganciò il suo carico di bombe, virò e tornando a volo radente infierì selvaggiamente con le mitragliere proprio su di voi fanciulli; falciò coloro che il tritolo delle bombe aveva risparmiati.

Un nero polverone sommerse il paese dilagando anche sulle campagne circostanti. Quando si fu dileguato, portato via dalla lieve brezza settembrina, biancheggianti sinistramente al sole le rovine delle case diroccate, brillò purpureo il sangue di circa cento assassinati.

Tredici di voi, tredici compagni dei miei giochi di fanciullo, giacevano morti o morenti tra i tronchi dei quercioli e dei castagni. furono portati al camposanto tra quattro assi male inchiodate gocciolanti sangue, bagnate di lacrime disperate.

I colombi tubano ancora sui cornicioni di Sant'Antonio e da quel settembre per undici volte il vino è ribollito nei tini e per undici volte sono ingiallite e rinverdite le foglie degli alberi.

Io mi fermo talvolta a contemplare i dolci tramonti di settembre; osservo il morbido gioco delle nuvolette rosate e dei cirri di croco all'orizzonte; mi prende l'incantesimo delle vaghe fantastiche forme che i vapori assumono nel ciclo dell'opale. Siete voi che muovete in mille fogge le nubi, compagni della mia fanciullezza? E' forse vostro l'argentino cicaleccio che mi carezza leggero le orecchie sul murmure soave del vento?"




ASSALTO A MALTA "Operazione C3"

L'Italia entrò in guerra il 10 giugno 1940: sui fronti si rinunciava ad un atteggiamento chiaramente offensivo e si temporeggiava, più che altro per fare in tempo a sedersi al tavolo della pace in condizioni di privilegio; la caduta della Francia entro giugno parve suffragare questo orientamento.



L'atteggiamento verso Malta fu inquadrato nel contesto generale.

La Regia Marina, in data 18 giugno 1940, espose uno studio per l’occupazione dell'isola ricalcando in linea di massima uno studio precedente, realizzato negli anni 1935-1936 a seguito della crisi conseguente la guerra in Etiopia, il quale, dopo esaminato le presunte difese dell'isola, affermava che, stimati i difensori in 15.000 uomini, il corpo di spedizione non avrebbe dovuto comprendere meno di 40.000 uomini, da trasportarsi su un'ottantina di natanti di modesto pescaggio dei quali era da prevedersi la quasi totale perdita per incaglio.

Le zone di sbarco venivano individuate nella parte nord dell'isola, con successivo investimento della Victoria Line. Sbarchi secondari erano previsti a Gozo e Comino ed era previsto l’intervento di tutta la squadra navale e di una flotta aerea di 500 velivoli, in larga misura bombardieri.

Il nuovo piano aggiornava la situazione delle difese ed abbassava in 20.000 uomini appoggiati da carri armati il contingente da sbarcare prima sulla costa nordorientale dell'isola (baie di Mellieha e San Paolo), poi su quella occidentale, più aspra ma meno protetta mentre ribadiva l'intervento di tutta la squadra navale per appoggiare l'operazione.

Questo progetto appariva tuttavia redatto all'insegna dell'incertezza, o quanto meno della previsione a lungo termine; infatti, mentre da un lato esagerava la stima delle capacità difensive di Malta in fatto di artiglieria e carri, dall'altro affidava il trasporto del contingente da sbarco ad un centinaio di natanti a fondo piatto, di cui però mancava persino il progetto.

E’ da rilevare che, al tempo della crisi anglo-italiana seguente alla guerra con l’Etiopia del 1935, gli studi e le analisi avevano giudicato Malta obiettivo prioritario in quanto la conquista dell’isola privava gli Inglesi di un importante punto di appoggio per sommergibili, naviglio leggero e forze aeree e rendeva difficoltosa la traversata del Canale di Sicilia alle forze navali; viceversa avrebbe notevolmente rafforzato la posizione italiana nel Canale.

Sbarco da motobragozzi durante un addestramento del "San Marco"

Venne pure osservato come un’occupazione dell’isola era più possibile immediatamente dopo l’atto della dichiarazione di guerra mentre sarebbe stata sicuramente più difficoltosa ad ostilità cominciate.

Nel 1940, le valutazioni al riguardo erano un po’ differenti; testualmente:

"Date le eccezionali difficoltà dell'impresa e le forze che dovrebbero esservi dedicate, essa sarebbe giustificata soltanto se Malta rappresentasse un obiettivo decisivo. Ma avendo da tempo l'Inghilterra rinunciato a servirsene come base principale d'operazioni, la minaccia che da Malta può essere esercitata contro le nostre comunicazioni e contro le nostre basi navali è di secondaria importanza; è sufficiente che con bombardamenti aerei, con agguati di sommergibili e (quando occorre) con crociere notturne di siluranti, continui ad essere resa impossibile la permanenza a La Valletta di importanti forze navali, ad essere insidiato il movimento di quelle poche che ci sono, ad essere impedito il rifornimento dell'isola".

E’ da rilevare che la maggioranza degli studi dedicati alle vicende marittime in Mediterraneo e, di riflesso, alle operazioni in Africa Settentrionale, attribuiscono a Malta un peso strategico determinante nell'aver causato il tracollo dell'Asse. Un’attenta e approfondita analisi rileva però che l'isola rappresentò realmente una grave minaccia solo in alcuni periodi, soprattutto nell'ultimo trimestre del 1941.

Carro leggero CV35 in esercitazione di sbarco

Nel primo anno di guerra la Regia Aeronautica prima, e la Luftwaffe poi, si erano accanite contro Malta, senza tuttavia causarne la "sterilizzazione" cioè la totale interdizione alle forze inglesi.

Lo Stato Maggiore italiano dovette quindi guardare all'invasione di Malta, come all'unica possibilità di rendere incontrastato il flusso dei rifornimenti per l'Africa. Nelll'ottobre 1941 si cominciò pertanto a parlare della "Esigenza C 3 - Occupazione di Malta".

Dopo l'esperienza di Creta, conquistata nella precedente primavera con un aviosbarco, vi era chi sosteneva un simile colpo di mano anche su Malta; ma i tedeschi erano contrari tenuto conto della elevata percentuale di perdite registrata nella precedente operazione.

Era stata costituita in Italia una Forza Navale Speciale, creata nell'ottobre 1940 per un previsto sbarco in Corsica, e ad essa venne affidata la preparazione dell'operazione, parimenti si impostarono nei cantieri i mezzi da sbarco indispensabili.

Contemporaneamente si cercava di completare il quadro delle difese dell'isola per conoscerne l'esatta entità; non essendo dislocato nell'isola alcun informatore, ci si dovette sempre basare sui soli risultati della ricognizione aerea che, anche per la presenza di vari apprestamenti in caverna, risultarono solo in parte esaurienti.

L'unico tentativo di sbarco di due informatori dal mare avvenne nella notte del 17 maggio 1942 ma si risolse negativamente, con l'immediata cattura di entrambi e la condanna a morte d'uno di essi, l'irredento Carmelo Borg Pisani.

Il traghetto FF.SS. Aspromonte si appresta a sbarcare mezzi e truppe in esercitazione

In attesa che si pervenisse alla stesura definitiva dei piani, si continuò a bombardare dall’aria il più possibile le difese dell’isola e, per ottenere maggiori risultati, si trasferì in Sicilia un nuovo Corpo Aereo tedesco che, dal 20 marzo 1942, iniziò ad operare sul cielo dell’isola.

Intanto, fervevano i preparativi: sulla piana di Catania apparvero le strisce per il decollo degli alianti, ora che i tedeschi, conquistati dall'impresa (da essi denominata "Hercules"), si erano decisi ad impiegarvi i ricostituiti reparti di paracadutisti;

sulle coste della Toscana i reparti della F.N.S. si addestravano al difficile sbarco su un litorale alto e roccioso, simile a quello maltese (per questo fu necessario prevedere scale da pompieri e passerelle lunghe fino a 30 metri, abbattibili dalla prora dei mezzi come ponti levatoi); in vari cantieri navali si costruivano motozattere e motolance speciali; nel Lazio continuava l'addestramento la divisione paracadutisti Folgore.

Lancio di addestramento della divisione "Folgore"

A fine maggio 1942 il piano definitivo della C.3 poteva dirsi ultimato, in realtà erano tre piani complementari, studiati dall'Esercito, dalla Marina e dall'Aeronautica, ognuno per la parte di propria competenza.

Il Corpo di spedizione, forte di 62.000 uomini, 1600 veicoli e 700 bocche da fuoco, si divideva in:

Corpo d'Armata d'aviosbarco, sulle divisioni paracadutisti Folgore e VII germanica, e la divisione di fanteria aviotrasportata La Spezia;

XXX Corpo d'Armata, sulle divisioni di fanteria Friuli, Livorno, Superga ed il 10° Raggruppamento corazzato;

XVI Corpo d'Armata, sulle divisioni di fanteria Assietta e Napoli;

Truppe Speciali da sbarco: reggimento San Marco, battaglioni CC.NN., arditi, etc.

Le truppe, a parte quelle aviotrasportate aventi a disposizione centinaia di alianti tedeschi, sarebbero state trasportate da 16 piroscafi, 270 mezzi da sbarco vari, una cinquantina di altri natanti, tutti scortati da una trentina di siluranti.

L'appoggio diretto sarebbe stato fornito da due navi da battaglia, mentre la squadra italiana scaglionata nei porti di Napoli, Cagliari, Messina, Reggio Calabria ed Augusta, avrebbe fornito la protezione strategica; il tutto per un consumo previsto di nafta di almeno 40.000 tonn., che dovevano essere fornite dalla Germania in quanto in Italia non ve era una simile quantità disponibile. Per la parte aerea, si prevedeva l'impiego di 900 velivoli così suddivisi: 300 bombardieri e 180 caccia dislocati in Sicilia, Calabria e Puglia; 60 aerosiluranti concentrati a Pantelleria; 60 assaltatori e 300 trasporti, su vari campi.

In esercitazione, l'ondata di sbarco si appresta a toccare terra

La previsione operativa richiedeva il raduno dei mezzi da sbarco nei porti di Catania, Licata, Porto Empedocle e Siracusa; tutto questo da ultimarsi entro due giorni dall'inizio delle operazioni.

Il giorno X avrebbe visto il lancio in tre ondate successive delle due divisioni paracadutisti nella zona Dingli/Zurrieq, e l'aviosbarco in serata di alianti a Kalafrana e Forte Benghisa. Nella nottata, sarebbero sbarcati dal mare: il XXX C. di A. sulle spiagge di Qrendi; la divisione Superga sulle coste di Gozo; i reparti speciali a Marsaxlokk.

Finti sbarchi sarebbero avvenuti di Sliema e sui due versanti di Mellieha, mentre nelle zone centrali dell'isola sarebbero stati aviolanciati molti manichini per ingannare le difese. Il giorno X + 1 avrebbe visto lo sbarco di XVI C. di A. e l'avanzata delle truppe verso le coste orientali dell'isola, con successivo accerchiamento di La Valletta.

Il piano era dunque pronto e non v'era che da fissare il fatidico giorno X. Alla proposta italiana che lo voleva entro la prima metà del mese del giugno 1942, l'Alto Comando tedesco obiettò che per quell'epoca non sarebbero stati disponibili nè i paracadutisti, nè i mezzi navali, nè la nafta, mentre vi era un'altra operazione cui conveniva dare la precedenza assoluta: l'imminente controffensiva in Africa.

Sbarco tramite passerella da un motoveliero attrezato

Purtroppo ai primi di maggio, molti dei reparti aerei tedeschi dislocati in Sicilia dovettero essere trasferiti sul fronte russo, lasciando alla ben più debole Regia Aeronautica il compito di continuare il martellamento di Malta con solamente 45 bombardieri, 15 Stukas ed una settantina di caccia. L'isola, però, era nuovamente in grado di contrattaccare dal mare e dall’aria.

Quando Tobruk cadde inaspettatamente il 21 giugno, i tedeschi non esitarono più a chiedere il rinvio dell’attacco a Malta alla conclusione africana, che si riteneva imminente e vittoriosa; anche in Italia molti credettero che la partita fosse vinta e che, con l'Egitto conquistato, Malta avrebbe perso la sua funzione.

Qualche mese più tardi, in Africa, qualcosa sembrava incrinare quell'ottimismo.

Ma ormai era troppo tardi. Lo scioglimento da parte dello Stato Maggiore della "C3" era avvenuto il 27 luglio 1942.