martedì 6 gennaio 2009

LEON DEGRELLE



Nato da una famiglia di origine francese espatriata nel 1901, dopo l’espulsione dei gesuiti di Francia, Leon Degrelle frequentò la scuola al Collegio di Notre Dame de la Paix a Namur (Belgio). Durante il periodo degli studi a Loviano (1927 – 1930) inizia ad occuparsi di giornalismo (L’Avant Garde), di letteratura e di poesia. Nel 1929 diventa redattore capo del quotidiano “Il XX Secolo” di Bruxelles. Viaggia in Italia, conosce il Fascismo e l’Azione Cattolica. Vive qualche tempo in Messico, clandestino, in mezzo ai partigiani cattolici, i “Cristeros”.
Tornato nel 1931 dirige l’Azione Cattolica belga e poi, nel 1935, fonda il movimento Rex. Come nella maggior parte degli Stati europei, negli anni tra i due conflitti mondiali, la democrazia parlamentare fu messa in causa da molti settori politici perché non riusciva a risolvere lo stato di crisi del Belgio. Dentro al partito cattolico i tentativi di rinnovamento si diversificarono in varie direzioni: la decristianizzazione voluta da Picard cercava di raccogliere simpatie a sinistra, mentre l’altra corrente, di carattere borghese, seguiva una linea politica filo – francese ed antitedesca. Solo Degrelle riuscì a superare questa crisi grazie alla sua figura di leader oratore, giornalista, poeta, deputato e soldato. Appoggiò in pieno la causa Nazionalsocialista, tanto che decise di partire con un gruppo di volontari per il fronte dell’Est l’8 agosto 1941 come soldato semplice. Tra il ’41 ed il ’43 combattè sul Caucaso, conquistando i gradi sul campo di battaglia fino a diventare un comandante della Waffen SS.



Continuò la sua scalata nella scuola di Bad Tolz. Tornato in Russia, si distinse nel rompere l’accerchiamento sovietico a Tcherkassy. Fu convocato da Hitler che lo designò Cavaliere della Croce di ferro, rendendolo popolarissimo anche in Germania. A guerra ormai perduta riuscì rocambolescamente a raggiungere le coste spagnole dove iniziò il suo dopoguerra fra alti e bassi finanziari, ma sempre fermo nella sua fede. Riportiamo di seguito alcuni brani tratti da un’intervista avvenuta nella sua casa di Malaga il 1°marzo 1988.
“Noi (…) eravamo soldati che proiettavano nella lotta le loro idee, e che si preparavano alla costruzione dell’Europa. Ma questa concezione dell’Europa non è arrivata subito (…). È stata la guerra che, spingendo i Tedeschi fuori dal proprio Paese ha fatto capire loro cosa succedeva negli altri Paesi. Ha fatto anche sì che negli altri Paesi vedessero i Tedeschi e potessero rendersi conto di cosa fossero, e che eravamo tutti degli europei, nonostante tutte le lotte e gli odi eravamo tutti la stessa gente (…). C’era il grande motore germanico, la Germania è nel centro dell’Europa, è un Paese che ha il senso dell’organizzazione, del lavoro, della perfezione, vi stava benissimo come elemento trainante. Ma accanto esisteva tutto questo meraviglioso mondo occidentale e la sua civiltà bimillenaria.



Che cos’era Berlino con i maiali che camminavano nella sabbia della strada, mentre Parigi era uno dei centri maggiori dell’universo, 1500 anni dopo che Roma era stata la capitale del Mondo? Era evidente che questo progetto germanico da solo non avrebbe mai potuto fare l’Europa, aveva bisogno del grande sostegno occidentale, ed è lì che ho concentrato i miei sforzi, per far risorgere una grande unità occidentale da unire al centro Europa ma anche all’universo mondo slavo (…). Questo è sempre stato il mio progetto (…). L’Europa dal Mare del Nord fino a Vladivostok. Un’Europa che avrebbe dato ai giovani di oggi qualsiasi possibilità, un’Europa di 10000 Km di estensione per le attività di tutta la gioventù, invece di avere, come oggi, 16 milioni di disoccupati nel mercato comune. Tutti questi giovani avrebbero potuto realizzare qualsiasi cosa passasse loro per la testa (…)



Chiaramente, noi abbiamo perso la guerra non perché ci mancasse coraggio; per quattro anni l’epopea dell’Europa sul fronte russo è stata la più grande avventura militare della storia. Anche questo è incredibile, che la gente non dia importanza ad un fatto del genere (…), che per quattro anni ci sia stato un fronte favoloso, di 3000 Km di lunghezza, una lotta che ha messo di fronte decine di milioni di uomini; il caso delle Waffen SS, un esercito di un milione di volontari, non si era mai vista una cosa simile. Di questo non se ne parla, né dell’eroismo inaudito che è stato dimostrato. Si pensi solo al percorso da Stalingrado a Berlino; abbiamo resistito 1000 giorni, 1000 giorni resistendo palmo a palmo, sacrificio dopo sacrificio, centinaia di migliaia di uomini che morivano per impedire che i sovietici avanzassero troppo in fretta. Con Stalin che diceva: “Lo zar è andato a Parigi. Ci andrò anch’io”. Era evidente che se avessimo fatto come i francesi nel 1940, squagliarcela quando la lotta diventava troppo pericolosa, i russi avrebbero conquistato tutta l’Europa in un batter d’occhio, molto prima che gli americani sbarcassero in Normandia, 1000 giorni! E se avessimo resistito soltanto 100 giorni, sarebbero arrivati a Parigi o sarebbero andati a dormire nel letto del maresciallo Petain a Vichy. Noi abbiamo salvato l’Europa o quanto ne rimane ancora adesso.


Se i francesi non sono come i cecoslovacchi è unicamente perché siamo morti a migliaia per loro. E allora invece di insultarci dalla mattina alla sera ci dovrebbero dire: “Siete stati veramente bravi, grazie!” (…). Si dice sempre: “Ma perché Hitler si è lanciato in questa avventura?”. Si è lanciato perché, se avesse aspettato un anno o due, Stalin sarebbe arrivato di corsa. Ora ci sono tutti i documenti che stabiliscono che aveva creato più di 120 nuove divisioni, 60 nuovi campi di aviazione. Che già allora era arrivato ad avere 32000 carri armati contro i 3000 dei tedeschi; è in quel momento che hanno preteso i Balcani e abbiamo capito che era finita. (…) La vittoria degli altri è stata un disastro. Tutto quello che hanno portato è una falsa civiltà, la civiltà americana, purtroppo, la civiltà dei consumi, del piacere, si pensa solo ad andare a divertirsi, gioie passeggere; la vita di famiglia è stata annientata, la vita religiosa distrutta: tutto questo è molto demoralizzante. Un giovane si chiede: “Ma cosa si può fare? (…) Ma si può ancora sperare?”. Rispondo loro: in tutte le epoche nel mondo ci sono state grandi crisi e a volte quando non è stato fatto uno sforzo tutto è crollato, come ad esempio la caduta dell’Impero Romano; prima c’era stata quella della Grecia, prima quella dell’Egitto.


Ma ci sono state anche grandi rinascite, come ad esempio l’Italia che ha vissuto la decomposizione e ora è più importante dell’Inghilterra; la Germania, che 50 anni fa non era altro che rovine, ora è un Paese fiorente. Significa che si può sempre ricreare. Diranno: “Ma non siamo numerosi”, ma non è un numero a fare la forza dei popoli e dei grandi movimenti rivoluzionari, è la potenza dell’anima, è la gente con una grande volontà, un grande ideale che si vuole vedere trionfare (…). Ebbene è a questo che bisogna credere, credere che tutte le possibilità sono nell’uomo, che se i giovani le vogliono e lo vogliono, un giorno troveranno l’opportunità e un giorno nascerà l’uomo, perché tutto è una questione di uomini. È il grande uomo a raccogliere le aspirazioni di tutti e a farle vincere. E la sfortuna dell’Europa di oggi è che non c’è nessuno. Ai nostri tempi ce n’erano finché si voleva: c’era Hitler, c’era Mussolini, c’ero io in Belgio, c’era Franco, c’erano i polacchi, c’erano i turchi, tutti avevano un capo, era sorprendente; ora non ci sono più che larve politiche (…). Per 50 anni l’Europa sono stati incapaci di farla, dopo 50 anni sono ancora lì che dissertano di miserabili questioni finanziarie, questioni di salami e maiali, di polli; sono ancora lì. Così si vede che questa soluzione è falsa; la sola vera è quella che abbiamo avuto noi (…). Sul caminetto del mio esilio ho fatto incidere queste parole: “Un po’ di fuoco in un angolino del mondo e tutti i miracoli di grandezza restano possibili.” Tutto è possibile, ragazzo ragazza che mi ascolti, fede nella vita!”.




Omaggio a Leon degrelle



Leon Degrelle e Adolf Hitler






Leon Degrelle- sempre Hitlerien


Leon Degrelle-WALLONIE






Discorso di Leon Degrelle




Leon Degrelle sull'Islam




Leon Degrelle- per la famiglia




Leon Degrelle- Viso e ritorno



Leon Degrelle - La guerra inizia illuminati



Onore Waffen-SS



Canzone di Massimo Morsello in ricordo di Leon Degrelle


Massimo Morsello "Leon Degrelle"




Aforismi di Leon Degrelle

"-Una volta che marcisce il sangue, tutto si perde."



-"Tutti rinunciano ai beni dell'universo morale e dell'eternità spirituale, che sarebbero alla portata di ognuno".



-"Una disfatta apparentemente inutile non lo è mai in assoluto".



-"Una ferrea volontà vale più di mille impotenze."



-"Quando un potere è forte la Chiesa ha paura."



-"La TV è la grande avvelenatrice del XX° secolo."



-"Dovunque un eroe, appaia, non muore mai del tutto."


-"L'Europa deve ricominciare ad imparare che vi sono beni, gioie superiori al possesso materiale e all'appetito."


-"La materia, sola a sé stessa, o muore o si suicida; solo l'ideale ha una valenza eterna."


-"L'ordine è per me progresso, giustizia ed armonia, e non è stagnazione, ma creazione e sforzo quotidiano."



-"Gli uomini e i popoli si guardano dall'alto in basso, l'occhio violento, le mani segnate da marchi infamanti e dai morsi che vi hanno lasciato le prede ardenti rapidamente invilite."



-"Le sapienti considerazioni degli economisti, dei teorici della politica, dei conferenzieri e dei professori, saranno vane, finché non si sarà compreso che, se esistono leggi multiple, leggi economiche ed una scienza dello Stato, vi sono altresì delle leggi dell'anima che non si calpestano invano."



-"Il grande politico prende il fango umano e, con questo fango umano, ne fa un grande paese, una grande civiltà."



-"Sempre il denaro corrompe".



-"L'acqua limpida dei cuori si è intorbidita sino agli strati più profondi. Il fiume degli uomini trasporta un diffuso odore di fango.



-"Il bisogno di prendere, di godere, di conservare, ha corrotto gli uomini, saccheggiato la vita familiare e sociale e finito per gettare, in orribili lotte al coltello, tutti i popoli gli uni contro gli altri. "


-"Pericoli enormi; possibilità enormi. Dipende tutto da noi."


-"Al gran capitalismo piace il potere debole, perché può maneggiarlo in modo migliore."


-"Nel deserto umano, in cui belano tanti montoni, siateci leoni."


-"Il mondo nuovo non si farà più che nella purificazione della disfatta."


-"L'umanità si crede libera; ma in che cosa lo è? L’ipercapitalismo domina la società. E’ una nuova forma di schiavitù, di cui le dorature non celano per nulla la crudeltà."


-"L'uomo deve ridiventare, anzitutto, essere spirituale, teso verso tutto ciò che innalza e nobilita: se no, quantunque gradevole sia la decorazione, la vita risulta solo una mangiatoia, in cui ci si sazia e l’essenziale non esiste più. "




A dieci anni di distanza, dal 30 Marzo 1994 giorno in cui Léon Degrelle abbandona l’essenza terrena, rimane indelebile l’esempio e il messaggio di colui che ha rappresentato nell’ambito dei fascismi europei uno dei maggiori e significativi protagonisti. Soldato, uomo politico, comandante, scrittore, Degrelle rappresenta uno di quei rari esempi di uomini animati da un fuoco interiore che appare inesorabile ed inesauribile.In qualsiasi contesto egli si trovi, in combattimento tra le fangose trincee al fronte dell’Est o in una sala durante un comizio politico, Léon Degrelle dimostra di sapersi trovare a proprio agio. Sempre in prima linea, con una grande attitudine al coraggio e una disposizione al sacrificio, egli non è solamente un capo politico in grado di infiammare e trascinare intere generazioni di giovani, ma un uomo che sa coniugare la politica con una profonda visione spirituale della vita.Difensore della Tradizione spirituale europea, si batte per riconquistare il senso di onore e di fedeltà, rifiutando qualsiasi compromesso con le falsità liberali e marxiste che, in nome del profitto e del materialismo più cupo, calpestano la dignità umana. Mai domo, anche nel momento del totale annichilimento di tutto ciò per cui ha lottato e creduto, egli non si arrende e continua la sua battaglia.Fino all’ultimo giorno di vita, egli non rinuncia ad appellarsi alla volontà e alla fede dei giovani, di coloro che dovrebbero ricostruire le fondamenta della nuova Europa riscattata nel segno della Tradizione e della Civiltà.

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