CESARE MARIA DE VECCHI (1884-1959)
Il Quadrumviro Aristocratico e Cattolico. Governatore di ferro nelle Colonie e grande uomo d’azione; rimarrà sempre legatissimo alla Chiesa, che lo proteggerà nell’ora del periglio.
Cesare Maria De Vecchi nacque il 14 novembre 1884 a Casale Monferrato, in Provincia di Alessandria. Il padre Luigi è un notaio; la madre si chiama Teodolinda Buzzoni. Dopo aver frequentato il Liceo, si laurea in Giurisprudenza(1906) e, poco dopo, in Lettere e Filosofia (1908). Nel 1907 si sposa con Onorina Buggino e intraprende la professione di avvocato, ponendo la sua residenza a Novara sino al 1910 e quindi a Torino dove rileva uno studio di avvocato.
Allo scoppio della Grande Guerra nel 1914 decide di far valere il proprio diritto di diventare ufficiale che aveva acquisito nel 1904 surrogando il fratello Giovanni nel servizio militare e quale volontario di un anno diventando sergente il 24 Marzo 1905 nel 1o Reggimento Artiglieria da Fortezza. Combatte per tutto il quadriennio, ottenendo tre medaglie d’argento, due medaglie di bronzo e altre onorificenze minori e congedato definitivamente il 5 Marzo 1919 con il grado di Capitano.
Nel dopoguerra si lega a Mussolini, aderisce ai Fasci di combattimento (1919). Contribuisce in modo determinante alla strutturazione dell’apparato ideologico e sociale del PNF, teorizzando quell’unione di tutti i ceti e le istanze nazionali (appunto i fasci) per il bene supremo della Patria. Nel 1921 è, con Balbo e De Bono, Comandante Generale della Milizia; vivace organizzatore dello squadrismo piemontese, alla vigilia della Marcia su Roma viene nominato Quadrumviro della Marcia su Roma.
Col trionfo della Rivoluzione è subito membro del Gran Consiglio del Fascismo e partecipa al primo Governo Mussolini quale Sottosegretario per l'Assistenza militare e le pensioni di guerra e dall’8 marzo del 1923 quale Sottosegretario alle Finanze.
Il 3 maggio del 1923 si dimette da sottosegretario per contrasti con Mussolini e alla fine del 1923 viene nominato Governatore della Somalia e in quella posizione vi rimane per il periodo 1923-1928. Il 15 Ottobre 1925 diventa altresì Senatore del Regno. Durante il suo mandato coloniale amministra con mano ferma la Somalia, ponendo in atto notevoli operazioni di polizia, che fruttano tra l’altro l’annessione dei Protettorati Sultanali di Obbia e Migiurtinia. La sua durezza viene talora criticata, ma alle proteste rispose già nel suo “saluto ai Somali”: “Io sono il rappresentante del grande capo Mussolini e sono qui per eseguire i suoi ordini. So governare, perché ho governato e ho la mano dura. Non voglio commenti. Ciò che faccio, faccio bene. Questa Colonia non è che una tappa delle vie Imperiali che l’Italia si prepara a raggiungere”. Oltre all’azione militare, De Vecchi si impegna per la promozione e la crescita dell’agricoltura locale, in particolare col potenziamento della stazione agricola sperimentale di Genale e la messa a cultura di oltre 20000 ettari divisi in numerose concessioni. Grazie a questa attività si assiste ad un grande incremento della produzione cotone, della canna da zucchero, di banane. Per sfruttare al massimo la vocazione agricola della Somalia si iniziano ad impiegare tecniche moderne di aridocoltura che permettono di sottrarre terre alla desertificazione.
Allo scadere del suo mandato in Colonia, nel 1928, Presidente della Cassa di Risparmio di Torino carica che lascerà nel 1929 con la sua nomina ad Ambasciatore d’Italia presso il Vaticano. Egli ricopre la carica fino al 1935, anno in cui, alla vigilia del conflitto con l'Etiopia, è nominato ministro dell'Educazione Nazionale (24 gennaio 1935-15 novembre 1936), con il preciso mandato di perfezionare la fascistizzazione della scuola e dell'università, affinché marcino compatte con le falangi del Regime. Tra i provvedimenti presi in questo periodo vi è l’eccellente riorganizzazione della Gioventù Universitaria Fascista (GUF), dei Littoriali, delle manifestazioni studentesche. Tra le attività parlamentari di cui De Vecchi si occupa da segnalare altresì il lavoro per la determinazione degli enti che propongono i candidati alle elezioni politiche (1932), nonché quello per il perfezionamento del sistema corporativo (1934).
All’attività politica unisce quella culturale, divenendo Presidente dell'Istituto per la Storia del Risorgimento (agosto 1933) e Socio nazionale dell'Accademia dei Lincei (6 maggio 1935-4 gennaio 1946). Alla fine del 1936 diviene Governatore delle Isole Italiane dell’Egeo (Dodecaneso) carica che manterrà fino al 1940. In tale veste si occupa della promozione della cultura Italiana nelle isole, finanziando scuole e opere pubbliche, ma suscitando l’ira degli esponenti panellenici. Nel corso del suo mandato di Governatore riorganizza la difesa del Possedimento e alla fine del 1940 si dimette da Governatore per le divergenze di vedute sulla condotta della guerra sia con Mussolini che con gli alti comandi militari. Rimane senza incarichi sino al 20 Luglio 1943 quando viene nominato comandate della 215a Divisione Costiera schierata in Toscana.
Decide di votare a favore dell’ordine del giorno Grandi del 25 luglio 1943. Dopo l’armistizio dell’8 Settembre 1943 la sua Divisione ha scontri di notevole portata con le forze tedesche. Costretto a deporre le armi per ordini superiori, si reca a Torino, rifiutando di riconoscere la RSI. Nei primi giorni del mese di Ottobre 1943 si da alla macchia per evitare l’arresto da parte di membri della neonata rsi e viene aiutato dai salesiani riconoscenti per quanto lui aveva fatto per la santificazione del Fondatore e per le opere sue in giro per il mondo.
Viene nascono in varie strutture tra Piemonte e Valle d’aosta e dopo la guerra a Roma. Rinviato a giudizio anche dal Regno d’Italia diventata poi Repubblica Italiana, con un passaporto paraguagio si trasferisce in Argentina (15 Giugno 1947). Decide di rientrare in Italia nel giugno 1949 solo dopo che la Cassazione ha confermato la sentenza del 1947 che lo assolveva per tutti i capi d’accusa e lo condannava a 5 anni (con applicazione dell’amnistia) per la parte avuta nella Marcia su Roma e si stabilisce a Roma, dove, fortemente debilitato per la ormai malferma salute, si ritira a vita privata. Muore il 23 giugno 1959 nella Capitale all’età di 74 anni e mezzo.
(1884-1959)
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