martedì 6 aprile 2010

GIOVANNI GENTILE (1875-1944)

I Personaggi del Fascismo





GIOVANNI GENTILE (1875-1944)


"L'ideologo del Fascismo"



Nato a Castelvetrano nel Trapanese il 30 maggio 1875, figlio di Giovanni e Teresa, Giovanni Gentile trascorse la sua infanzia a Campobello di Mazara, dove la famiglia si era trasferita. Frequentò il liceo Ximenes a Trapani e durante l’ultimo anno, su suggerimento del suo Professore di greco Gaetano Rota Rossi, decise di partecipare al concorso per quattro posti d'interno alla Scuola Normale Superiore di Pisa, con tema su “La poesia civile del Parini e dell'Alfieri”.

Dopo essere stato ammesso, si iscrisse alla facoltà di Lettere e di Filosofia. L'esperienza presso l'ateneo pisano influirà in maniera determinante sul suo pensiero e sulle sue scelte culturali e politiche.

La Scuola Superiore di Pisa infatti, oltre ad essere l'istituto scientifico più prestigioso del Regno, aveva avviato uno studio filologico e storico sulla letteratura Italiana, nonché sul ruolo del pensiero Italiano all'interno della filosofia europea. Tale impostazione era in linea con l'esigenza post-unitaria di cercare di rintracciare storicamente, e fondare, l'unità della penisola non solo dal punto di vista politico, ma anche culturale e spirituale.

Gentile fece sua questa preoccupazione e cercò, in particolar modo nelle opere storiche, di meglio definire e ricostruire la storia spirituale d'Italia, ponendo come momento chiave il Risorgimento.

Sotto l'insegnamento storico di Alessandro D'Ancona e filosofico di Donato Jaia, Gentile iniziò a pubblicare i suoi primi articoli. L’influenza dei due Professori fu antitetica: mentre il primo, pisano, seguace del metodo storico, veniva dalla storiografia positivista e da ambienti liberali, il secondo, siciliano come Gentile, era un hegeliano seguace di Spaventa e come quest'ultimo aveva frequentato il Seminario rinunciando poi al Sacerdozio.

Queste due personalità costituirono, nello svolgimento del pensiero filosofico di Gentile, due esigenze diverse ma allo stesso tempo conciliabili circa l'attenzione filologica per i documenti e per i testi e per l'interpretazione spaventiana della filosofia di Hegel.

Oltre all'influenza esercitata dai suoi due maestri, fu determinante negli anni trascorsi a Pisa, l'incontro con Benedetto Croce. Il loro carteggio, che rappresenta uno dei documenti centrali per la ricostruzione storica della cultura Italiana del periodo, iniziò nel 1896 e si protrasse fino all'adesione di Gentile al PNF nel 1923.

La discussione tra i due si svolse all'inizio su argomenti storici e letterari; in seguito, l'argomento principe divenne la filosofia, avendo Gentile deciso, sotto la spinta di Jaia, di laurearsi in filosofia. Col passare del tempo l'amicizia tra i due si rafforzò fino a diventare cruciale per la formazione e lo sviluppo del pensiero di entrambi, nonché per la carriera accademica di Gentile, dal momento che questi, al contrario di Croce, non aveva a disposizione una base economica tale da esentarlo dall'insegnamento, che peraltro Gentile sentì come una missione.

La base della discussione con Croce fu l'idealismo, che accomunò per un verso i due filosofi ma che al tempo stesso li divise a causa di alcune divergenze, sempre attenuate in nome della loro amicizia, eppure sempre latenti, che saranno il motivo della loro separazione.

I due combatterono insieme la stessa guerra, contro il positivismo e le degenerazioni dell università patria. Il loro scopo fu quello di costituire un polo filosofico crescente, per dimensioni e qualità, all'interno della cultura nazionale. Fondarono una rivista, La Critica, nel 1903 e lavorarono incessantemente alla creazione di nuove collane editoriali e alla pubblicazione delle loro rispettive opere.

Dopo la laurea a Pisa, e un corso di perfezionamento a Firenze, Gentile iniziò la sua carriera di insegnante, ottenendo una cattedra a Campobasso, al Liceo Mario Pagano.

La sua aspirazione però fu, sin dall'inizio, quella di ottenere una cattedra universitaria; dopo una serie di tentativi andanti a vuoto e sconfitte in altrettanti concorsi, Gentile riuscì ad ottenere una cattedra di storia della filosofia all'Università di Palermo nel 1906. Malgrado ambisse ad una cattedra a Napoli, per la vicinanza con Croce e con gli ambienti culturali napoletani ben più vivi di quelli siciliani, l'esperienza e l'insegnamento a Palermo furono per lui determinanti.

Nella città siciliana, infatti, cominciò a crearsi intorno alla sua cattedra e agli incontri del circolo culturale di Giuseppe Pojero, quella scuola di allievi che contribuirono non poco alla diffusione dell'idealismo attuale, della sua filosofia che si arricchì in quegli anni di testi importanti: tra questi “L'atto del pensare come atto puro” del 1912 che ne costituirà il manifesto, e “La riforma della dialettica hegeliana” del 1913, che sarà la base dell'opera sistematica dal titolo “La teoria generale dello spirito come atto puro” del 1916, una sintesi delle speculazioni che Gentile sviluppò lungo la serie di testi, discorsi e polemiche su argomenti filosofici trattati nei primi anni della sua carriera universitaria, prima a Palermo e poi a Pisa, e che è la prima vera sistemazione dei suoi principj e a cui farà seguito il “Sistema di logica come teoria del conoscere” del 1917, la sua opera più voluminosa e complessa.

L'insegnamento, oltre ad offrirgli la possibilità di continuare i suoi studi e sostentare la sua numerosa famiglia, gli diede quella di toccare con mano il disagio della scuola italiana, che sin dall'inizio, aveva giudicato ancora inadatta a contribuire alla fortificazione dell'unità nazionale e delle sue basi culturali, e incapace di formare una nuova classe dirigente che traghettasse il Paese verso un fulgido destino.

Gentile sentì sempre come una vera e propria missione il suo ruolo di insegnante ed educatore; la sua pedagogia, che è essenzialmente filosofica non può essere staccata né dal suo sistema filosofico, né dal suo progetto di riforma della scuola che attuò nel 1923-24, quand'era Ministro della Pubblica Istruzione, e che dai primi due discende.

L'influenza di Gentile sulla cultura Italiana, accresciutasi nel tempo per merito delle sue pubblicazioni, delle iniziative insieme a Benedetto Croce, e della produzione della sua scuola filosofica, si estese anche grazie ai tanti incarichi che ebbe modo di ricoprire. La sua adesione al Fascismo del 1923, se da un lato costituì la molla della rottura con Croce (rapporto peraltro già incrinato da una polemica apparsa sulla Voce dieci anni prima), dall'altro gli diede la possibilità di accrescere ulteriormente la sua influenza sulla cultura Italiana, grazie anche ad alcune importanti iniziative editoriali: tra queste la più importante, per il peso che ricoprì e che ricopre tutt'ora, è senza dubbio “L'Enciclopedia Italiana”, alla cui composizione collaborarono anche molti intellettuali antifascisti. Nel suo disegno questa opera in volumi doveva costituire un monumento all'unità e alla concordia della cultura Italiana, a cui dovevano contribuire tutti gli studiosi, di qualsiasi credo politico.

Nominato dunque nel 1922 Ministro della Pubblica Istruzione, elaborò l'anno successivo una epocale riforma della scuola destinata a durare fino ad oggi. Essa pose le sue basi sui concetti di meritocrazia; di forte selezione delle capacità individuali sin dalla scuola media inferiore; di funzione sociale e nazionale della struttura scolastica. Iscrittosi al Partito Nazionale Fascista nel 1923, fu Senatore del Regno dal novembre 1922 nonchè Membro del Gran Consiglio del Fascismo. Dimessosi da ministro dopo il delitto Matteotti, si pose alla guida delle Commissioni dei quindici e dei diciotto per lo studio delle riforme costituzionali e svolse un'intensa opera di organizzazione del consenso degli intellettuali.

Redasse infatti nel 1925 il “Manifesto degli intellettuali Fascisti” e, sempre in quell'anno, fu nominato direttore dell'Enciclopedia Italiana (e nel 1932 scrisse la famosa voce “Fascismo”, firmata da Mussolini).

Fu contrario al Concordato tra la Chiesa Cattolica e lo Stato italiano del 1929, benché egli considerasse il Cattolicesimo come la forma storica della spiritualità italiana, poiché puntava su uno Stato etico totalmente garante dell’unità anche religiosa del popolo. Da questo momento in poi il suo ruolo politico si eclisserà definitivamente.

Terminato anche il mandato al Gran Consiglio del Fascismo, fu Direttore della Scuola Normale di Pisa (1932) e Consigliere d’Amministrazione di varie case editrici (Vallecchi, Le Monnier, Bemporad, Sansoni, di cui diventò proprietario nel 1932) e Presidente dell'Istituto Nazionale Fascista di Cultura.

La sua fedeltà al PNF, in cui vide sempre l'espressione del moto Risorgimentale di unità nazionale, lo portò ad aderire nel 1943 alla Repubblica Sociale Italiana, benché ormai confinato da tempo ad un ruolo politico pressoché nullo.

Autore del Discorso agli Italiani del 24 giugno 1943, appello alla concordia nazionale intorno al Duce dopo lo sbarco alleato in Sicilia, fu trucidato barbaramente dalla mala genia partigiana il 15 aprile del 1944 sulla soglia della sua abitazione a Firenze.

(1875-1944)







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