Lo stesso Machiavelli basò su questo concetto il suo celeberrimo trattato Il Principe: colui che conosce la storia e quali furono gli esempi di virtù o d’errore che occorsero di fronte ad analoghe condizioni, egli saprà indirizzare gli eventi a suo favore e sarà il "vero" e ottimo principe, ossia il reggitore dello Stato.
Tuttavia Guicciardini si mostrò scettico nei confronti di questa teoria, e obiettò che gli avvenimenti storici non si ripetono mai nella stessa maniera, e che il buon statista deve essere in grado di interpretarli correttamente, escogitando volta a volta le soluzioni migliori.
Tuttavia sia Augusto che Mussolini possono essere letti e accostati secondo due ruoli che rivestirono entrambi: il rivoluzionario e lo statista.
Ultimamente è tornata molto di moda l’espressione "la prima marcia su Roma" - formula coniata da Ronald Syme nella sua splendida The Roman Revolution (1939) -, ossia quella che iniziò il futuro Augusto il 19 agosto del 43 a.C. attraversando il Rubicone (come già fece suo padre Cesare). Si era appena conclusa la cosiddetta "guerra di Modena" tra Ottaviano, investito del potere dal senato, e Antonio; durante i combattimenti perirono - in maniera più che sospetta - i due consoli Irzio e Pansa: Roma ora non aveva più i sommi magistrati che reggevano la repubblica. Questo vuoto di potere - casuale o abilmente macchinato - offrì a Ottaviano la tanto agognata "occasione" (kairòs in greco): richiese al senato il consolato per sé e ricompense ai suoi soldati; al netto rifiuto non esitò a marciare sull’Urbe.
Il giovanissimo Ottaviano (aveva solo diciannove anni!) era precoce, e mostrò tutta la sua abilità politica prima di entrare al senato: quest’ultimo gli aveva mandato a dire che era possibile indire regolari elezioni a cui gli era lecito partecipare. Ma a rifiuto Ottaviano oppose rifiuto, entrò nella curia e, gettando indietro il mantello e mostrando l'elsa della spada quasi del tutto sguainata, tuonò: "Questa lo farà console se non lo farete voi!". Allora Cicerone, prototipo del vecchio statista, si abbandonò a imbarazzanti blandizie con Ottaviano, con il recondito, benché vano, intento di poter meglio controllare il "ragazzo" (così lo chiamava nelle sue lettere). Questo ricordò a Syme il vecchio Giolitti che, dapprima umiliandosi, tentò invano di "pilotare", previa "marcia su Roma", il giovane (aveva appena trentanove anni) e arrembante Mussolini.
Ma il paragone tra Augusto e Mussolini per la Mostra Augustea della Romanità riguardava certamente le figure di Augusto e di Mussolini in quanto statisti.Se durante la campagna etiopica, infatti, il Duce fu accostato, come si addiceva al fondatore del sorgente impero, a Cesare, negli anni successivi la propaganda del regime fascista pose l’accento sul Mussolini ordinatore dello Stato. La contrapposizione Cesare-Augusto aveva ispirato anni prima l’opera di Guglielmo Ferrero (1871 - 1942) Grandezza e decadenza di Roma (1906-7 in 5 volumi) che lodava il lavoro oscuro e paziente di Augusto (in antitesi con quello più appariscente e risonante di Cesare) identificandolo con Giolitti: paragone che certamente nobilitava oltremodo il vecchio statista italiano.
Al contrario la personalità politica di Benito Mussolini, grazie alla sua imponente e lungimirante opera di strutturazione del regime fascista, meglio si attagliava a quell’Augusto che, da vero "architetto", aveva dato forma al Principato con riforme che investirono quasi tutti gli aspetti dell’apparato statale romano. Altro tratto in comune tra i due "duci", fu il carattere restauratore delle due rivoluzioni a cui diedero vita: Augusto, nel fondare il nuovo Stato, si propose di restaurare – per l’appunto – la tanto amata Res Publica, attraverso un oculato compromesso formale (come scrisse Tacito, i nomi erano gli stessi ma altri erano i concetti che essi esprimevano); anche Mussolini aveva donato alla rivoluzione fascista una connotazione non già sovversiva, bensì restauratrice. Ora che tale rivoluzione si stava esaurendo, e il Fascismo si andava affermando quindi come Regime, fu logica - e tutt’altro che peregrina - l’identificazione di Mussolini con Augusto.
Un ulteriore carattere lega, infine, i due statisti: l’auctoritas, la quale era la base del loro potere e che traeva la propria forza e legittimazione dal consenso pressoché unanime del popolo di cui essi godevano.
Tuttavia gli eventi che conclusero le loro esistenze non possono che differire in maniera più netta. Augusto morì alla veneranda età di quasi settantasei anni, con l’intima soddisfazione di aver edificato le fondamenta della Roma imperiale col plauso dei contemporanei e dei posteri; al contrario Mussolini soffrì il patibolo, al quale si avviò con l’animo sconsolato di chi è stato tradito da un popolo che tanto aveva amato, che, ingrato, avrebbe bestemmiato il suo nome nei decenni a venire.
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