Canaglie ricordate: muoiono gli uomini non le idee...
venerdì 20 febbraio 2009
IL CIMITERO DOVE RIPOSA IL DUCE
Canaglie ricordate: muoiono gli uomini non le idee...
venerdì 13 febbraio 2009
ALL' ASTA L'ALFA ROMEO DI MUSSOLINI
Le aste automobilistiche sono spesso l'occasione giusta per vendere pezzi unici, o vetture comunque molto "particolari". E' accaduto circa un anno fa con l'Auto Union D voluta da Hitler, che è stata battuta da Christie's per un valore di 6 milioni di sterline, ovvero quasi 9 milioni di Euro, ed ora sta per succedere all'Alfa Romeo 6C 2300 Spider con telaio Pescara di Benito Mussolini. Quest'auto, classe 1935, è stata messa all'asta il 27 febbraio 2008 al centro congressi H&H The Centaur nella località inglese di Centenham Racecourse, nei pressi di Birmingham, ad una quotazione base compresa fra le 600 e le 800 mila sterline (836 mila - 1.115.000 Euro).
A rendere "speciale" questa due posti color amaranto non è soltanto il fatto che nacque per espressa volontà del Duce, che la ordinò con una elaborazione del motore in grado di erogare 95 cavalli anziché 68, nè le vittorie conquistate nei concorsi a cui ha partecipato. Come quando nel 2005, dopo essere stata restaurata da Dino Cognolato, vinse al Pebble Beach Concours e al New York Concours. Più che altro sono delle particolari tracce di carburante a contraddistinguerla, a farle raccontare una storia interessante.
Per scoprirla occorre tornare al 1936, quando la vettura partecipò alla Mille Miglia guidata da Ercole Boratto, che all'epoca era l'autista di Mussolini. Il fatto che l'auto ottenne un buon risultato passa in secondo piano di fronte al tipo di tracce ritrovate nell'impianto di scarico. Queste "molecole storiche", infatti, potrebbero riportare alla memoria la sperimentazione di carburanti alternativi in voga a quell'epoca. La ricerca di un sostituto del petrolio, pertanto, non sarebbe attuale come si potrebbe credere. Anzi, per la verità proprio l'alcol carburante ritrovato nell'auto prima ancora era stato utilizzato dall'altra parte dell'Atlantico, in America, quando nel 1929 il crollo di Wall Street aveva fatto precipitare l'economia statunitense ed aumentato considerevolmente il prezzo del petrolio.
Se volessimo allargare questa parentesi storica, potremmo ricordare come proprio il tema dei carburanti alternativi fosse di stetta attualità negli anni '30. Se infatti Hitler pensava che una Grande Guerra ci volesse per risollevare le sorti della Germania, era anche convinto che per scendere in campo ci fosse prima di tutto bisogno dell'indipendendenza dalle importazioni, soprattutto da quelle energetiche. Per questo motivo i carburanti alternativi al petrolio divennero di fondamentale inportanza. In particolare il Fuhrer credeva nelle potenzialità della cosiddetta benzina sintetica, "sintetica" perché derivante dalla principale materia prima della "terra" tedesca: il carbone.
Anche l'Italia prese parte a questo progetto per trasformare i carboni e i bitumi in benzina. Per questo fu creata l'ANIC, l'Azienda Nazionale Idrogenazione Combustibili, e vennero costruiti due stabilimenti gemelli, uno a Livorno ed uno a Bari. Non solo, ma l'obiettivo italiano andava oltre i confini del paese e mirava a conquistare l'Albania per espandere questo programma di sviluppo.
Nel frattempo, in Germania questo tipo di produzione raggiungeva i tre milioni di tonnellate l'anno, un risultato che arrivava però anche dal disumano lavoro che veniva condotto in stabilimenti come Auschwitz. Nel 1944 i bombardamenti alleati distrussero le fabbriche tedesche di benzina sintetica ed in Italia, dopo la Liberazione, lo stabilimento livornese fu trasformato in una raffineria di petrolio e quello barese fu acquistato dalla Standard Oil, la proprietaria della società petrolifera Esso.
Negli anni '70 l'aumento del prezzo del petrolio in America convinse il Dipartimento dell'energia degli Stati Uniti ad incaricare alcuni scienziati di rispolverare gli studi condotti nell'ante guerra, ma il ritorno ad una simile produzione venne ritenuto inconveniente, se non in paesi dall'economia chiusa, come fu il Sud Africa, dove per decenni due terzi del fabbisogno di prodotti petroliferi è stato soddisfatto proprio da questo tipo di lavorazione.
CLARETTA PETACCI E BENITO MUSSOLINI
Nel suo destino era infatti seguire fino all`ultimo, con fedeltà e dedizione, l`amato "Ben" (locuzione derivata dal nomignolo con cui chiamava il duce e che suscitò al tempo una cospicua produzione di facezie ed amenità). Donna avvenente e di indubbio fascino, appassionata di pittura e con qualche aspirazione a divenire attrice cinematografica (la sorella Miriam riuscì in qualche modo a diventarlo),
Claretta fu la fida compagna del capo del fascismo anche nei momenti più bui, e - si sostiene - non gli chiese mai di lasciare la moglie per lei. Travolta dagli eventi della seconda guerra mondiale, fu arrestata il 25 luglio 1943, alla caduta del regime, per essere poi liberata l`8 settembre, quando venne annunciata la firma dell`armistizio di Cassibile.
Il 27 aprile `45, durante l`estremo tentativo del capo del fascismo di espatriare in Svizzera per sfuggire alla cattura, fu anch`essa bloccata a Dongo da una formazione della 51° Brigata partigiana che intercettò la colonna di automezzi tedeschi con i quali il duce viaggiava. Da taluni si afferma che le sia stata offerta una via di scampo da lei ricusata decisamente.
Tutto risultò vano poiché il giorno dopo, 28 aprile, dopo il trasferimento a Giulino di Mezzegra, sul lago di Como, i due furono giustiziati, si disse, dal capo partigiano Colonnello Valerio (al secolo Walter Audisio - in tempi recenti si è però più credibilmente attribuita l`esecuzione ad Aldo Lampredi, detto "il partigiano Guido").
Si è anche detto che la Petacci abbia provato a proteggere Mussolini con il proprio corpo: su quest`ultimo punto però non vi sono certezze, anche se un`eventuale siffatto estremo slancio sarebbe stato tutt`affatto coerente con il carattere della donna ed il tono della relazione, e occorre notare che l`evento in sé ben si presta ad una certa romanzatura.
Il giorno successivo, il 29 aprile, a Piazzale Loreto (Milano), i corpi di Benito Mussolini e Claretta Petacci furono esposti, assieme a quelli di altri quattro gerarchi fascisti, appesi a testa in giù al tetto di un chiosco di benzina della Esso, tra la folla inferocita che li fotografava ed esprimeva tutto il proprio rancore.
La figura e la vita di Clara Petacci, forse per la nobile scelta di restare insieme al suo uomo anche nella tragedia più cupa e di morire insieme a lui (potendolo evitare), sono riuscite a restare sempre al di sopra delle pur acerrime polemiche politiche che hanno colpito tutte le figure in qualche modo legate al passato regime.
Claretta Petacci sulla spiaggia
giovedì 12 febbraio 2009
PARALLELISMI: AUGUSTO E MUSSOLINI
Lo stesso Machiavelli basò su questo concetto il suo celeberrimo trattato Il Principe: colui che conosce la storia e quali furono gli esempi di virtù o d’errore che occorsero di fronte ad analoghe condizioni, egli saprà indirizzare gli eventi a suo favore e sarà il "vero" e ottimo principe, ossia il reggitore dello Stato.
Tuttavia Guicciardini si mostrò scettico nei confronti di questa teoria, e obiettò che gli avvenimenti storici non si ripetono mai nella stessa maniera, e che il buon statista deve essere in grado di interpretarli correttamente, escogitando volta a volta le soluzioni migliori.
Tuttavia sia Augusto che Mussolini possono essere letti e accostati secondo due ruoli che rivestirono entrambi: il rivoluzionario e lo statista.
Ultimamente è tornata molto di moda l’espressione "la prima marcia su Roma" - formula coniata da Ronald Syme nella sua splendida The Roman Revolution (1939) -, ossia quella che iniziò il futuro Augusto il 19 agosto del 43 a.C. attraversando il Rubicone (come già fece suo padre Cesare). Si era appena conclusa la cosiddetta "guerra di Modena" tra Ottaviano, investito del potere dal senato, e Antonio; durante i combattimenti perirono - in maniera più che sospetta - i due consoli Irzio e Pansa: Roma ora non aveva più i sommi magistrati che reggevano la repubblica. Questo vuoto di potere - casuale o abilmente macchinato - offrì a Ottaviano la tanto agognata "occasione" (kairòs in greco): richiese al senato il consolato per sé e ricompense ai suoi soldati; al netto rifiuto non esitò a marciare sull’Urbe.
Il giovanissimo Ottaviano (aveva solo diciannove anni!) era precoce, e mostrò tutta la sua abilità politica prima di entrare al senato: quest’ultimo gli aveva mandato a dire che era possibile indire regolari elezioni a cui gli era lecito partecipare. Ma a rifiuto Ottaviano oppose rifiuto, entrò nella curia e, gettando indietro il mantello e mostrando l'elsa della spada quasi del tutto sguainata, tuonò: "Questa lo farà console se non lo farete voi!". Allora Cicerone, prototipo del vecchio statista, si abbandonò a imbarazzanti blandizie con Ottaviano, con il recondito, benché vano, intento di poter meglio controllare il "ragazzo" (così lo chiamava nelle sue lettere). Questo ricordò a Syme il vecchio Giolitti che, dapprima umiliandosi, tentò invano di "pilotare", previa "marcia su Roma", il giovane (aveva appena trentanove anni) e arrembante Mussolini.
Ma il paragone tra Augusto e Mussolini per la Mostra Augustea della Romanità riguardava certamente le figure di Augusto e di Mussolini in quanto statisti.Se durante la campagna etiopica, infatti, il Duce fu accostato, come si addiceva al fondatore del sorgente impero, a Cesare, negli anni successivi la propaganda del regime fascista pose l’accento sul Mussolini ordinatore dello Stato. La contrapposizione Cesare-Augusto aveva ispirato anni prima l’opera di Guglielmo Ferrero (1871 - 1942) Grandezza e decadenza di Roma (1906-7 in 5 volumi) che lodava il lavoro oscuro e paziente di Augusto (in antitesi con quello più appariscente e risonante di Cesare) identificandolo con Giolitti: paragone che certamente nobilitava oltremodo il vecchio statista italiano.
Al contrario la personalità politica di Benito Mussolini, grazie alla sua imponente e lungimirante opera di strutturazione del regime fascista, meglio si attagliava a quell’Augusto che, da vero "architetto", aveva dato forma al Principato con riforme che investirono quasi tutti gli aspetti dell’apparato statale romano. Altro tratto in comune tra i due "duci", fu il carattere restauratore delle due rivoluzioni a cui diedero vita: Augusto, nel fondare il nuovo Stato, si propose di restaurare – per l’appunto – la tanto amata Res Publica, attraverso un oculato compromesso formale (come scrisse Tacito, i nomi erano gli stessi ma altri erano i concetti che essi esprimevano); anche Mussolini aveva donato alla rivoluzione fascista una connotazione non già sovversiva, bensì restauratrice. Ora che tale rivoluzione si stava esaurendo, e il Fascismo si andava affermando quindi come Regime, fu logica - e tutt’altro che peregrina - l’identificazione di Mussolini con Augusto.
Un ulteriore carattere lega, infine, i due statisti: l’auctoritas, la quale era la base del loro potere e che traeva la propria forza e legittimazione dal consenso pressoché unanime del popolo di cui essi godevano.
Tuttavia gli eventi che conclusero le loro esistenze non possono che differire in maniera più netta. Augusto morì alla veneranda età di quasi settantasei anni, con l’intima soddisfazione di aver edificato le fondamenta della Roma imperiale col plauso dei contemporanei e dei posteri; al contrario Mussolini soffrì il patibolo, al quale si avviò con l’animo sconsolato di chi è stato tradito da un popolo che tanto aveva amato, che, ingrato, avrebbe bestemmiato il suo nome nei decenni a venire.
mercoledì 11 febbraio 2009
MUSSOLINI, SVELATO IL MISTERO?
Si avvia forse ad essere svelato il mistero del ferimento di Benito Mussolini durante la prima guerra mondiale.
Dubbi e perplessità avanzati ripetutamente da storici italiani e stranieri - da ultimi uno storico irlandese e, nella primavera scorsa, la giornalista di Repubblica Simonetta Fiori - vengono chiariti da una testimonianza inedita pubblicata su "Calabria" il mensile del Consiglio regionale che nel numero in distribuzione in questi giorni pubblica in proposito una ricostruzione basata su una testimonianza sulla vicenda, del professor Giuseppe Masi, docente all'Università della Calabria.
L'articolo, e la testimonianza scoperta dal professor Masi, smentiscono - secondo quanto anticipa "Calabria" - quanti avevano dubitato della gravità delle ferite riportate dal futuro Duce nel 1917, e finanche della loro stessa sussistenza, e rispondono puntualmente agli interrogativi che, non senza malizia, sono stati posti su quelle ferite che consentirono a Mussolini di essere congedato dal servizio militare.
"Calabria" riporta sui fatti una testimonianza insospettabile e mai, sinora, resa pubblica.Quella dell'ex bersagliere calabrese Francescantonio Commisso, nato il 15 gennaio 1892 a Gioiosa Jonica, in forza nel 1917 nello stesso reggimento bersaglieri, l'XI, nel quale era arruolato Benito Mussolini, allora appena promosso caporal maggiore.
Fu proprio il bersagliere calabrese a soccorrere personalmente il futuro Duce privo di sensi e a trasportarlo in barella in un ospedale da campo, sanguinante per numerose e profonde ferite al volto, alla spalla destra e all'addome.
Nell'articolo su "Calabria" il professor Masi racconta della sua scoperta fortuita riferendo che il diario del bersagliere Commisso, trovato tra le carte di famiglia è una di quelle cronache in cui la guerra è descritta dal basso, e raccontata da quei soldati, da quei "poveri cristi" che, costretti a subire le "scelte degli altri", possono essere messi sullo stesso piano di "carne da cannone".
A 85 anni da quell'episodio non capita facilmente di reperire una fonte, testimonianza di quell'esperienza drammatica: un diario di guerra che riferisce e ripropone appunti e ricordi, trascritti immediatamente, a caldo, con un linguaggio semplice e lineare. Ma cosa afferma l'eccezionale testimonianza pubblicata da "Calabria"?
Il bersagliere Commisso fornisce la sua testimonianza dei fatti vissuti personalmente il 23 febbraio 1917 sulle Alpi Carniche, a quota 1440. Commisso è testimone oculare della carneficina provocata dallo scoppio di un lanciabombe, è lui a soccorrere Mussolini, privo di sensi fra altri commilitoni uccisi, dilaniati dall'esplosione di una granata esplosa in un tubo di lancio.
Nel suo diario il bersagliere calabrese racconta di una barella grondante sangue e addirittura colpita e scheggiata durante il trasporto da una pallottola nemica. L'eccezionale scoperta del professor Masi, che troverà una stesura più rigorosamente scientifica sulla rivista "Italia Contemporanea" edita a Milano dall'Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione contiene risvolti sensazionali in quanto, addirittura, 85 anni fa rispondendo ad una sollecitazione del ministero lo stesso comandante dell'XI reggimento bersaglieri sostenne che sull'incidente occorso a Mussolini non si erano mai trovate "prove concrete".
La testimonianza del bersagliere calabrese Francescantonio Commisso comparirà tra l'altro, in un volume sulla guerra promosso dall'Istituto Calabrese per la Storia dell'Antifascismo e dell'Italia contemporanea di cui il professor Giuseppe Masi è direttore.
27/04/1945: ULTIMA LETTERA AGLI ITALIANI
Ho creduto nella vittoria delle nostre armi, come credo in Dio, Nostro Signore, ma più ancora credo nell’Eterno, adesso che la sconfitta ha costituito il banco di prova sul quale dovranno venire mostrate al mondo intero, la forza e la grandezza dei nostri cuori.
Oggi io perdono a quanti non mi perdonano e mi condannano condannando se stessi.Penso a coloro ai quali sarà negato per anni di amare e soffrire per la Patria e vorrei che essi si sentissero non solo testimoni di una disfatta, ma anche alfieri della rivincita.
Se questo è dunque l’ultimo giorno della mia esistenza, intendo che anche a chi mi ha abbandonato e a chi mi ha tradito, vada il mio perdono, come allora perdonai al Savoia la sua debolezza.
venerdì 6 febbraio 2009
LE VITTIME DI CHE GUEVARA
è per questo che sono nate le conunità neofasciste, neonaziste, skin-head ecc.non è per dar credito a tutte le vittime di hitler, o le vittime delle guerre per l’espansione dell’italia fascista, è per rispecchiare un’ideale, quello dell’amore per la patria, per la famiglia, per le origini,
altrimenti allora perchè non viene associata la falce e il martello alla dittatura di stalin, lui era un comunista, aveva ideali comunisti, ha fatto il triplo dei morti di hitler e mussolini, ma perchè nessuno ne parla…. perchè fa comodo?
se qualcuno gira con la maglietta del duce rischia la denuncia… ed invece la simbologia comunista è in quasi tutti i partiti di sinistra,inconsapevoli che è molto ma molto più osceno moralmente il comunismo del nazismo.
oltre al fatto che il comunismo offre una prosppettiva di libertà, che è quasi anarchia, di buonismo estremo, di incoscienza verso le regole…. mentre il fascismo distribuisce disciplina e controllo…
la dittatura è un sistema per controllare un paese che toglie la possibilità di decidere alle persone,la democrazia è un sistema che illude il popolo di essere sovrano, e lascia il potere in mano a coloro che fanno del loro meglio per le loro tasche.
i comunisti liberali ed anarchici devono capire che il concetto di anarchia è troppo complicato per la nostra società… porterebbe all’autodistruzione, la mente umana non è abbastanza evoluta per affrontare la libertà assoluta… ma forse un giorno arriverà il momento in cui ci riusciremo…. ma per adesso credo che per riuscire a sopravvivere socialmente, abbiamo bisogno di leggi, e di castighi per chi non le rispetti…fascismo o no… serve disciplina
QUESTA NOTTE HO FATTO UN GRANDE SOGNO:HO SCRITTO A BENITO MUSSOLINI
Il debito pubblico sfiora i due milioni
e mezzo di miliardi,scandaloso per
una potenza economica(ma quale potenza?)
Eppure,allora, la tua
Italia,malgrado le ingenti spese che
sosteneva per le nostre
colonie:Libia,Albania,Eritrea,Etopia e
Somalia,Tu quadravi il bilancio a
pareggio è nel 1926 sbalordisti il
mondo con due miliardi di
attivo.L'operaio,il
pensionato,l'impiegato non
conoscevano cartelle di tasse,il
commerciante non aveva iva,modello 740,IRPEF,ILOR,
tassa sulla salute,
tassa sull'Europa,ISI,ICI,ecc.
In definitiva,i suoi cespiti venivano
concordati a trattazione privata con
gli Uffici Fiscali e venivano pagati
modesti importi in sei rate
bimestrali.
Con Te nacquero la "Previdenza sociale",
gli "Assegni familiari",
i "Sussidi per gli anziani",i premi per i
figli nati,le strade,le reti fognarie,la
Pubblica istruzione,le case popolari,
le bonifiche,ecc.
Avevamo la pace sociale,morale,la
tranquillità,la dignità,l'amore per la
Patria e l'orgoglio di essere italiani!!!
ED ORA???
Abbiamo solo tangenti,mafia,droga,delinquenza
minorile,pentiti,ex democristiani,
ex comunisti,ex socialisti,criminali e
ladroni di tutte le specie,feccia e
carogne della peggiore razza.
Caro Benito,non ti rivoltare nella
tomba,ci manchi tanto.
Da lassù prega per noi affinchè "L'IDEA che
ci hai lasciato TRIONFI!!!"
Ti saluto romanamente,tuo
Italiano!!!
28 OTTOBRE1922: LA MARCIA SU ROMA
giovedì 5 febbraio 2009
BRUNO MUSSOLINI - IL FIGLIO PREDILETTO DEL DUCE
Nel 1939 Bruno Mussolini era stato nominato Presidente della Federazione Pugilistica Italiana. Alla sua morte, la carica passò al fratello, Vittorio.
Bruno Mussolini decorato da suo Padre
IN MEMORIAM
BRUNO MUSSOLINI
"AVIATORE DI TRE GUERRE,GIA
VOLONTARIO IN AFRICA E IN SPAGNA TRASVOLATORE DI
DESERTI E DI OCEANI,PIU VOLTE
CONSACRATO ALL EROISMO NELLA
BREVE PARENTESI DI UNA
GIOVINEZZA AUDACE MATERIATA
DI FEDE E DI AMORE DI PASSIONE E
DI BATTAGLIE.E CADUTO AL POSTO
DI COMBATTIMENTO CON NEGLI
OCCHI LA GIOIA
NELL ARDIRE,MENTRE EFETTUAVA UN
VOLO DI PROVA SU DI UN NUOVO
APPARECCHIO DA
BOMBARDAMENTO A GRANDE RAGGIO;
UNA DELLE PIU RECENTI CONQUISTE PER LE NUOVE BATTAGLIE E
PER LE NUOVE VITTORIE,COME SANNO SOLO DARE I PIONIERI E GLI EROI.
VOLENDO DARE MAGGIORI GLORIE ALL ALA DELLA PATRIA,LE HA DATO LA VITA."