venerdì 20 febbraio 2009

IL CIMITERO DOVE RIPOSA IL DUCE

E' il 30 agosto 1957, la Seconda Guerra Mondiale è finita da oltre 12 anni, ma nonostante questo lunghissimo periodo di tempo, un uomo ancora non riposa in pace.

Proprio in quell'estate del 1957 il governo italiano consegna in una CASSETTA DI LEGNO (!! Perdonatemi ma su certe cose talmente incredibili da sembrare irreali è impossibile rimanere imparziali!!), come di quelle che si possono vedere nei mercati contenere la frutta, ciò che era rimasto del corpo del Duce, Benito Mussolini. Da allora il suo corpo e il suo spirito riposano nel cimitero di Predappio, dove il Duce nacque 125 anni fa.








Canaglie ricordate: muoiono gli uomini non le idee...

venerdì 13 febbraio 2009

ALL' ASTA L'ALFA ROMEO DI MUSSOLINI



Le aste automobilistiche sono spesso l'occasione giusta per vendere pezzi unici, o vetture comunque molto "particolari". E' accaduto circa un anno fa con l'Auto Union D voluta da Hitler, che è stata battuta da Christie's per un valore di 6 milioni di sterline, ovvero quasi 9 milioni di Euro, ed ora sta per succedere all'Alfa Romeo 6C 2300 Spider con telaio Pescara di Benito Mussolini. Quest'auto, classe 1935, è stata messa all'asta il 27 febbraio 2008 al centro congressi H&H The Centaur nella località inglese di Centenham Racecourse, nei pressi di Birmingham, ad una quotazione base compresa fra le 600 e le 800 mila sterline (836 mila - 1.115.000 Euro).

A rendere "speciale" questa due posti color amaranto non è soltanto il fatto che nacque per espressa volontà del Duce, che la ordinò con una elaborazione del motore in grado di erogare 95 cavalli anziché 68, nè le vittorie conquistate nei concorsi a cui ha partecipato. Come quando nel 2005, dopo essere stata restaurata da Dino Cognolato, vinse al Pebble Beach Concours e al New York Concours. Più che altro sono delle particolari tracce di carburante a contraddistinguerla, a farle raccontare una storia interessante.

Per scoprirla occorre tornare al 1936, quando la vettura partecipò alla Mille Miglia guidata da Ercole Boratto, che all'epoca era l'autista di Mussolini. Il fatto che l'auto ottenne un buon risultato passa in secondo piano di fronte al tipo di tracce ritrovate nell'impianto di scarico. Queste "molecole storiche", infatti, potrebbero riportare alla memoria la sperimentazione di carburanti alternativi in voga a quell'epoca. La ricerca di un sostituto del petrolio, pertanto, non sarebbe attuale come si potrebbe credere. Anzi, per la verità proprio l'alcol carburante ritrovato nell'auto prima ancora era stato utilizzato dall'altra parte dell'Atlantico, in America, quando nel 1929 il crollo di Wall Street aveva fatto precipitare l'economia statunitense ed aumentato considerevolmente il prezzo del petrolio.

Se volessimo allargare questa parentesi storica, potremmo ricordare come proprio il tema dei carburanti alternativi fosse di stetta attualità negli anni '30. Se infatti Hitler pensava che una Grande Guerra ci volesse per risollevare le sorti della Germania, era anche convinto che per scendere in campo ci fosse prima di tutto bisogno dell'indipendendenza dalle importazioni, soprattutto da quelle energetiche. Per questo motivo i carburanti alternativi al petrolio divennero di fondamentale inportanza. In particolare il Fuhrer credeva nelle potenzialità della cosiddetta benzina sintetica, "sintetica" perché derivante dalla principale materia prima della "terra" tedesca: il carbone.

Anche l'Italia prese parte a questo progetto per trasformare i carboni e i bitumi in benzina. Per questo fu creata l'ANIC, l'Azienda Nazionale Idrogenazione Combustibili, e vennero costruiti due stabilimenti gemelli, uno a Livorno ed uno a Bari. Non solo, ma l'obiettivo italiano andava oltre i confini del paese e mirava a conquistare l'Albania per espandere questo programma di sviluppo.

Nel frattempo, in Germania questo tipo di produzione raggiungeva i tre milioni di tonnellate l'anno, un risultato che arrivava però anche dal disumano lavoro che veniva condotto in stabilimenti come Auschwitz. Nel 1944 i bombardamenti alleati distrussero le fabbriche tedesche di benzina sintetica ed in Italia, dopo la Liberazione, lo stabilimento livornese fu trasformato in una raffineria di petrolio e quello barese fu acquistato dalla Standard Oil, la proprietaria della società petrolifera Esso.

Negli anni '70 l'aumento del prezzo del petrolio in America convinse il Dipartimento dell'energia degli Stati Uniti ad incaricare alcuni scienziati di rispolverare gli studi condotti nell'ante guerra, ma il ritorno ad una simile produzione venne ritenuto inconveniente, se non in paesi dall'economia chiusa, come fu il Sud Africa, dove per decenni due terzi del fabbisogno di prodotti petroliferi è stato soddisfatto proprio da questo tipo di lavorazione.

CLARETTA PETACCI E BENITO MUSSOLINI

Clara Petacci detta Claretta (Roma, 28 febbraio 1912 - Giulino di Mezzegra Como, 28 aprile 1945)


è nota per essere stata legata sentimentalmente dal 1932, fino alla morte, a Benito Mussolini, duce del fascismo italiano, del quale pare fosse innamorata fin da giovanissima.
Quando iniziò la loro relazione, nel 1932, lei era sposata con il tenente dell`aeronautica Riccardo Federici (dal quale si sarebbe separata ufficialmente nel 1936); aveva al tempo vent`anni, mentre Mussolini ne aveva trenta più di lei.
Il duce era sposato con Rachele Guidi (Donna Rachele) ed aveva da poco concluso una lunga ed importante relazione con Margherita Sarfatti (donna della borghesia veneziana di origine ebrea); fu conquistato dalle sincere insistenze della Petacci, che avrebbe poi vissuto tutte le fasi finali della vita accanto a lui, nel trionfo e nella disfatta.

Nel suo destino era infatti seguire fino all`ultimo, con fedeltà e dedizione, l`amato "Ben" (locuzione derivata dal nomignolo con cui chiamava il duce e che suscitò al tempo una cospicua produzione di facezie ed amenità). Donna avvenente e di indubbio fascino, appassionata di pittura e con qualche aspirazione a divenire attrice cinematografica (la sorella Miriam riuscì in qualche modo a diventarlo),

Claretta fu la fida compagna del capo del fascismo anche nei momenti più bui, e - si sostiene - non gli chiese mai di lasciare la moglie per lei. Travolta dagli eventi della seconda guerra mondiale, fu arrestata il 25 luglio 1943, alla caduta del regime, per essere poi liberata l`8 settembre, quando venne annunciata la firma dell`armistizio di Cassibile.

Il 27 aprile `45, durante l`estremo tentativo del capo del fascismo di espatriare in Svizzera per sfuggire alla cattura, fu anch`essa bloccata a Dongo da una formazione della 51° Brigata partigiana che intercettò la colonna di automezzi tedeschi con i quali il duce viaggiava. Da taluni si afferma che le sia stata offerta una via di scampo da lei ricusata decisamente.

Tutto risultò vano poiché il giorno dopo, 28 aprile, dopo il trasferimento a Giulino di Mezzegra, sul lago di Como, i due furono giustiziati, si disse, dal capo partigiano Colonnello Valerio (al secolo Walter Audisio - in tempi recenti si è però più credibilmente attribuita l`esecuzione ad Aldo Lampredi, detto "il partigiano Guido").

Si è anche detto che la Petacci abbia provato a proteggere Mussolini con il proprio corpo: su quest`ultimo punto però non vi sono certezze, anche se un`eventuale siffatto estremo slancio sarebbe stato tutt`affatto coerente con il carattere della donna ed il tono della relazione, e occorre notare che l`evento in sé ben si presta ad una certa romanzatura.

Il giorno successivo, il 29 aprile, a Piazzale Loreto (Milano), i corpi di Benito Mussolini e Claretta Petacci furono esposti, assieme a quelli di altri quattro gerarchi fascisti, appesi a testa in giù al tetto di un chiosco di benzina della Esso, tra la folla inferocita che li fotografava ed esprimeva tutto il proprio rancore.

La figura e la vita di Clara Petacci, forse per la nobile scelta di restare insieme al suo uomo anche nella tragedia più cupa e di morire insieme a lui (potendolo evitare), sono riuscite a restare sempre al di sopra delle pur acerrime polemiche politiche che hanno colpito tutte le figure in qualche modo legate al passato regime.


Claretta Petacci sulla spiaggia

giovedì 12 febbraio 2009

PARALLELISMI: AUGUSTO E MUSSOLINI

Numerosi autori antichi hanno parlato di Historia magistra vitae ("la Storia è maestra di vita") - formula coniata da Cicerone -, e molti intellettuali posteriori ribadirono e riproposero il concetto. La Storia, intesa in senso gnoseologico (ossia la conoscenza che noi abbiamo dei fatti storici), sarebbe un ottimo "strumento" grazie al quale ci è possibile riconoscere eventi simili tra loro, e che ci permetterebbe quindi di comportarci di conseguenza.

Lo stesso Machiavelli basò su questo concetto il suo celeberrimo trattato Il Principe: colui che conosce la storia e quali furono gli esempi di virtù o d’errore che occorsero di fronte ad analoghe condizioni, egli saprà indirizzare gli eventi a suo favore e sarà il "vero" e ottimo principe, ossia il reggitore dello Stato.

Tuttavia Guicciardini si mostrò scettico nei confronti di questa teoria, e obiettò che gli avvenimenti storici non si ripetono mai nella stessa maniera, e che il buon statista deve essere in grado di interpretarli correttamente, escogitando volta a volta le soluzioni migliori.
Ma, per tornare a noi, è proprio vero che la storia è magistra vitae? Forse sì, ma esiste certamente anche l’altra faccia della medaglia:
Vita magistra historiae ("la vita è maestra della Storia"), ossia ogni epoca ha riletto, interpretandole in maniere sempre diverse, alcune singole esperienze storiche, lasciandovi qualcosa di se stessa.
Così è stato ad es. per Sparta, giacché i comunisti videro nella costituzione di Licurgo un fulgido esempio di uguaglianza tra i cittadini, mentre i nazionalsocialisti la esaltarono quale Stato "razziale" per eccellenza.
Anche la figura di Augusto, una delle più affascinanti che la Storia abbia conosciuto, subì lo stesso processo.
Un caso interessante fu quello dell’identificazione, in epoca fascista, di Augusto con Mussolini (1883 - 1945).
Nel 1937 cadeva infatti il bimillenario della nascita dell’imperatore, e fu allestita - non a caso - la Mostra Augustea della Romanità.
Tale mostra, che ebbe sede nel Palazzo delle Esposizioni a Roma sotto la direzione del grande archeologo G. Q. Giglioli, raccoglieva un’imponente mole di riproduzioni di materiali inerenti alla storia di Roma antica, volendone essere una grandiosa celebrazione. Una sala dell’esposizione, l’ultima, era dedicata - per l’appunto - ad Augusto e Mussolini.

Ma perché il Duce del Fascismo era accostato ad Augusto? I motivi sono molteplici.


Augusto (63 a.C. - 14 d.C.), al contrario di quanto alcuni ancora credono, non fu il vero erede politico del padre adottivo Caio Giulio Cesare (100 - 44 a.C.). Cesare aveva in mente Roma come una monarchia universale, ossia uno Stato in continua espansione territoriale e governato da un monarca assoluto. Questa concezione era invero stata raccolta da Marco Antonio, suo fedele luogotenente e - non a caso - futuro nemico di Ottaviano (poi Augusto).
L’ideale di quest’ultimo fu infatti quello che poi strutturò in quasi un cinquantennio di governo, ossia il principato, retto da un capo carismatico (princeps) e non necessariamente espansionista, più vicino al modello statuale di Pompeo.Augusto fu quindi visto nei secoli come il virtuoso "architetto" e ordinatore dello Stato, contrapposto al Cesarismo, mito che ebbe anch’esso molta fortuna, ad es. presso colui che meglio lo personificò: Napoleone Bonaparte (1769 - 1821).

Tuttavia sia Augusto che Mussolini possono essere letti e accostati secondo due ruoli che rivestirono entrambi: il rivoluzionario e lo statista.

Ultimamente è tornata molto di moda l’espressione "la prima marcia su Roma" - formula coniata da Ronald Syme nella sua splendida The Roman Revolution (1939) -, ossia quella che iniziò il futuro Augusto il 19 agosto del 43 a.C. attraversando il Rubicone (come già fece suo padre Cesare). Si era appena conclusa la cosiddetta "guerra di Modena" tra Ottaviano, investito del potere dal senato, e Antonio; durante i combattimenti perirono - in maniera più che sospetta - i due consoli Irzio e Pansa: Roma ora non aveva più i sommi magistrati che reggevano la repubblica. Questo vuoto di potere - casuale o abilmente macchinato - offrì a Ottaviano la tanto agognata "occasione" (kairòs in greco): richiese al senato il consolato per sé e ricompense ai suoi soldati; al netto rifiuto non esitò a marciare sull’Urbe.

Il giovanissimo Ottaviano (aveva solo diciannove anni!) era precoce, e mostrò tutta la sua abilità politica prima di entrare al senato: quest’ultimo gli aveva mandato a dire che era possibile indire regolari elezioni a cui gli era lecito partecipare. Ma a rifiuto Ottaviano oppose rifiuto, entrò nella curia e, gettando indietro il mantello e mostrando l'elsa della spada quasi del tutto sguainata, tuonò: "Questa lo farà console se non lo farete voi!". Allora Cicerone, prototipo del vecchio statista, si abbandonò a imbarazzanti blandizie con Ottaviano, con il recondito, benché vano, intento di poter meglio controllare il "ragazzo" (così lo chiamava nelle sue lettere). Questo ricordò a Syme il vecchio Giolitti che, dapprima umiliandosi, tentò invano di "pilotare", previa "marcia su Roma", il giovane (aveva appena trentanove anni) e arrembante Mussolini.

Ma il paragone tra Augusto e Mussolini per la Mostra Augustea della Romanità riguardava certamente le figure di Augusto e di Mussolini in quanto statisti.Se durante la campagna etiopica, infatti, il Duce fu accostato, come si addiceva al fondatore del sorgente impero, a Cesare, negli anni successivi la propaganda del regime fascista pose l’accento sul Mussolini ordinatore dello Stato. La contrapposizione Cesare-Augusto aveva ispirato anni prima l’opera di Guglielmo Ferrero (1871 - 1942) Grandezza e decadenza di Roma (1906-7 in 5 volumi) che lodava il lavoro oscuro e paziente di Augusto (in antitesi con quello più appariscente e risonante di Cesare) identificandolo con Giolitti: paragone che certamente nobilitava oltremodo il vecchio statista italiano.

Al contrario la personalità politica di Benito Mussolini, grazie alla sua imponente e lungimirante opera di strutturazione del regime fascista, meglio si attagliava a quell’Augusto che, da vero "architetto", aveva dato forma al Principato con riforme che investirono quasi tutti gli aspetti dell’apparato statale romano. Altro tratto in comune tra i due "duci", fu il carattere restauratore delle due rivoluzioni a cui diedero vita: Augusto, nel fondare il nuovo Stato, si propose di restaurare – per l’appunto – la tanto amata Res Publica, attraverso un oculato compromesso formale (come scrisse Tacito, i nomi erano gli stessi ma altri erano i concetti che essi esprimevano); anche Mussolini aveva donato alla rivoluzione fascista una connotazione non già sovversiva, bensì restauratrice. Ora che tale rivoluzione si stava esaurendo, e il Fascismo si andava affermando quindi come Regime, fu logica - e tutt’altro che peregrina - l’identificazione di Mussolini con Augusto.

Un ulteriore carattere lega, infine, i due statisti: l’auctoritas, la quale era la base del loro potere e che traeva la propria forza e legittimazione dal consenso pressoché unanime del popolo di cui essi godevano.

Tuttavia gli eventi che conclusero le loro esistenze non possono che differire in maniera più netta. Augusto morì alla veneranda età di quasi settantasei anni, con l’intima soddisfazione di aver edificato le fondamenta della Roma imperiale col plauso dei contemporanei e dei posteri; al contrario Mussolini soffrì il patibolo, al quale si avviò con l’animo sconsolato di chi è stato tradito da un popolo che tanto aveva amato, che, ingrato, avrebbe bestemmiato il suo nome nei decenni a venire.


mercoledì 11 febbraio 2009

MUSSOLINI, SVELATO IL MISTERO?

Ottantacinque anni dopo un testimone calabrese racconta del ferimento del 1917 Il mensile "Calabria" pubblica il diario di un bersagliere



Si avvia forse ad essere svelato il mistero del ferimento di Benito Mussolini durante la prima guerra mondiale.

Dubbi e perplessità avanzati ripetutamente da storici italiani e stranieri - da ultimi uno storico irlandese e, nella primavera scorsa, la giornalista di Repubblica Simonetta Fiori - vengono chiariti da una testimonianza inedita pubblicata su "Calabria" il mensile del Consiglio regionale che nel numero in distribuzione in questi giorni pubblica in proposito una ricostruzione basata su una testimonianza sulla vicenda, del professor Giuseppe Masi, docente all'Università della Calabria.

L'articolo, e la testimonianza scoperta dal professor Masi, smentiscono - secondo quanto anticipa "Calabria" - quanti avevano dubitato della gravità delle ferite riportate dal futuro Duce nel 1917, e finanche della loro stessa sussistenza, e rispondono puntualmente agli interrogativi che, non senza malizia, sono stati posti su quelle ferite che consentirono a Mussolini di essere congedato dal servizio militare.

"Calabria" riporta sui fatti una testimonianza insospettabile e mai, sinora, resa pubblica.Quella dell'ex bersagliere calabrese Francescantonio Commisso, nato il 15 gennaio 1892 a Gioiosa Jonica, in forza nel 1917 nello stesso reggimento bersaglieri, l'XI, nel quale era arruolato Benito Mussolini, allora appena promosso caporal maggiore.

Fu proprio il bersagliere calabrese a soccorrere personalmente il futuro Duce privo di sensi e a trasportarlo in barella in un ospedale da campo, sanguinante per numerose e profonde ferite al volto, alla spalla destra e all'addome.

Nell'articolo su "Calabria" il professor Masi racconta della sua scoperta fortuita riferendo che il diario del bersagliere Commisso, trovato tra le carte di famiglia è una di quelle cronache in cui la guerra è descritta dal basso, e raccontata da quei soldati, da quei "poveri cristi" che, costretti a subire le "scelte degli altri", possono essere messi sullo stesso piano di "carne da cannone".

A 85 anni da quell'episodio non capita facilmente di reperire una fonte, testimonianza di quell'esperienza drammatica: un diario di guerra che riferisce e ripropone appunti e ricordi, trascritti immediatamente, a caldo, con un linguaggio semplice e lineare. Ma cosa afferma l'eccezionale testimonianza pubblicata da "Calabria"?

Il bersagliere Commisso fornisce la sua testimonianza dei fatti vissuti personalmente il 23 febbraio 1917 sulle Alpi Carniche, a quota 1440. Commisso è testimone oculare della carneficina provocata dallo scoppio di un lanciabombe, è lui a soccorrere Mussolini, privo di sensi fra altri commilitoni uccisi, dilaniati dall'esplosione di una granata esplosa in un tubo di lancio.

Nel suo diario il bersagliere calabrese racconta di una barella grondante sangue e addirittura colpita e scheggiata durante il trasporto da una pallottola nemica. L'eccezionale scoperta del professor Masi, che troverà una stesura più rigorosamente scientifica sulla rivista "Italia Contemporanea" edita a Milano dall'Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione contiene risvolti sensazionali in quanto, addirittura, 85 anni fa rispondendo ad una sollecitazione del ministero lo stesso comandante dell'XI reggimento bersaglieri sostenne che sull'incidente occorso a Mussolini non si erano mai trovate "prove concrete".

La testimonianza del bersagliere calabrese Francescantonio Commisso comparirà tra l'altro, in un volume sulla guerra promosso dall'Istituto Calabrese per la Storia dell'Antifascismo e dell'Italia contemporanea di cui il professor Giuseppe Masi è direttore.

27/04/1945: ULTIMA LETTERA AGLI ITALIANI


Non è la fede che arriva nell’ora del crepuscolo quella che mi sostiene, è la fede della mia infanzia e della mia vita che mi impone di dover credere, anche quando avrei diritto di dubitare.
Non so se questi miei appunti saranno mai letti dal popolo Italiano; vorrei che così fosse, per dargli la possibilità di raccogliere in confessione di fede il mio ultimo pensiero.
Non so nemmeno se gli uomini mi concederanno il tempo sufficiente per scriverli.Ventidue anni di governo mi rendono probabilmente degno, a giudizio umano, di vivere altre ventiquattro ore.

Ho creduto nella vittoria delle nostre armi, come credo in Dio, Nostro Signore, ma più ancora credo nell’Eterno, adesso che la sconfitta ha costituito il banco di prova sul quale dovranno venire mostrate al mondo intero, la forza e la grandezza dei nostri cuori.
E’ ormai un fatto che la guerra è perduta, ma è anche certo che non si è vinti finchè non ci si dichiari vinti.Questo dovranno ricordare gli Italiani, se sotto la dominazione straniera, arriveranno a sentire l’insoffocabile risveglio della loro coscienza e dei loro spiriti.

Oggi io perdono a quanti non mi perdonano e mi condannano condannando se stessi.Penso a coloro ai quali sarà negato per anni di amare e soffrire per la Patria e vorrei che essi si sentissero non solo testimoni di una disfatta, ma anche alfieri della rivincita.
All’odio smisurato e alle vendette subentrerà il tempo della ragione.Così riacquistato il senso della dignità e dell’onore, son certo che gl’Italiani di domani sapranno serenamente valutare i coefficienti della tragica ora che vivo.

Se questo è dunque l’ultimo giorno della mia esistenza, intendo che anche a chi mi ha abbandonato e a chi mi ha tradito, vada il mio perdono, come allora perdonai al Savoia la sua debolezza.
Germasino 27 Aprile notte.
Benito Mussolini
Il giorno dopo, il 28 aprile, o secondo alcuni la notte stessa del 27 aprile 1945 Benito Mussolini viene assassinato. La versione più conosciuta è anche la più falsa. Non fu infatti il colonnello Valerio, alias Walter Audisio, ad assassinare il Duce con la Petacci ma altre oscure figure.
Forse però la verità non la conosceremo mai purtroppo.
Il Duce ebbe un ultimo desiderio: che questa lettera fosse letta dagli italiani. Diamo così anche noi un piccolo contributo.

venerdì 6 febbraio 2009

LE VITTIME DI CHE GUEVARA



Prova a pensare che come saremo oggi se Mussolini non sarebbe esistito… o soprattutto se ci saremmo oggi…
Mussolini è stato quello che più di tutti ha amato l’italia, è vero che ha commesso molti errori, lui stesso l’ha ammesso, comunque quando c’era il fascismo, le regole venivano rispettate, c’era un’ordine, una disciplina, che implicava l’amore per le proprie origini e per la propria patria,
oggi cosa c’è?
disordine, caos, regole che non vengono rispettate, anarchia, pene inesistenti, politicanti che al contrario di Mussolini, non gle ne frega niente del loro paese e delle persone che ci vivono, gli interessa solo dei soldi.
è per questo che sono nate le conunità neofasciste, neonaziste, skin-head ecc.non è per dar credito a tutte le vittime di hitler, o le vittime delle guerre per l’espansione dell’italia fascista, è per rispecchiare un’ideale, quello dell’amore per la patria, per la famiglia, per le origini,

altrimenti allora perchè non viene associata la falce e il martello alla dittatura di stalin, lui era un comunista, aveva ideali comunisti, ha fatto il triplo dei morti di hitler e mussolini, ma perchè nessuno ne parla…. perchè fa comodo?

se qualcuno gira con la maglietta del duce rischia la denuncia… ed invece la simbologia comunista è in quasi tutti i partiti di sinistra,inconsapevoli che è molto ma molto più osceno moralmente il comunismo del nazismo.
oltre al fatto che il comunismo offre una prosppettiva di libertà, che è quasi anarchia, di buonismo estremo, di incoscienza verso le regole…. mentre il fascismo distribuisce disciplina e controllo…

la dittatura è un sistema per controllare un paese che toglie la possibilità di decidere alle persone,la democrazia è un sistema che illude il popolo di essere sovrano, e lascia il potere in mano a coloro che fanno del loro meglio per le loro tasche.
i comunisti liberali ed anarchici devono capire che il concetto di anarchia è troppo complicato per la nostra società… porterebbe all’autodistruzione, la mente umana non è abbastanza evoluta per affrontare la libertà assoluta… ma forse un giorno arriverà il momento in cui ci riusciremo…. ma per adesso credo che per riuscire a sopravvivere socialmente, abbiamo bisogno di leggi, e di castighi per chi non le rispetti…fascismo o no… serve disciplina

QUESTA NOTTE HO FATTO UN GRANDE SOGNO:HO SCRITTO A BENITO MUSSOLINI

Caro Duce:

Il debito pubblico sfiora i due milioni
e mezzo di miliardi,scandaloso per
una potenza economica(ma quale potenza?)
Eppure,allora, la tua
Italia,malgrado le ingenti spese che
sosteneva per le nostre
colonie:Libia,Albania,Eritrea,Etopia e
Somalia,Tu quadravi il bilancio a
pareggio è nel 1926 sbalordisti il
mondo con due miliardi di
attivo.L'operaio,il
pensionato,l'impiegato non

conoscevano cartelle di tasse,il
commerciante non aveva iva,modello 740,IRPEF,ILOR,
tassa sulla salute,
tassa sull'Europa,ISI,ICI,ecc.

In definitiva,i suoi cespiti venivano
concordati a trattazione privata con
gli Uffici Fiscali e venivano pagati
modesti importi in sei rate
bimestrali.

Con Te nacquero la "Previdenza sociale",
gli "Assegni familiari",
i "Sussidi per gli anziani",i premi per i
figli nati,le strade,le reti fognarie,la
Pubblica istruzione,le case popolari,
le bonifiche,ecc.

Avevamo la pace sociale,morale,la
tranquillità,la dignità,l'amore per la
Patria e l'orgoglio di essere italiani!!!

ED ORA???

Abbiamo solo tangenti,mafia,droga,delinquenza
minorile,pentiti,ex democristiani,
ex comunisti,ex socialisti,criminali e
ladroni di tutte le specie,feccia e
carogne della peggiore razza.

Caro Benito,non ti rivoltare nella
tomba,ci manchi tanto.
Da lassù prega per noi affinchè "L'IDEA che
ci hai lasciato TRIONFI!!!"

Ti saluto romanamente,tuo

Italiano!!!


28 OTTOBRE1922: LA MARCIA SU ROMA

IN MARCIA PER LA SALVEZZA D' ITALIA



OGGI CELEBRIAMO L' ANNIVERSARIO DELLA MARCIA SU
ROMA E MI VIENE DA
CHIEDERE :MA CHI ERANO QUESTI
UOMINI CHE NELL 22 COMPIRONO
TALE IMPRESA?ERANO EX
COMBATTENTI DEL PRIMO
CONFLITTO MONDIALE CHE ERANO
PRONTI NEL DARE LA VITA PUR DI
SALVARE LA PATRIA,ERANO PADRI
DI FAMIGLIA PREOCCUPATI DELLO
SFASCIO DELLA NAZIONE,ERANO
GIOVANI DESIDEROSI DI
PARTECIPARE ALLA CREAZIONE DI
UNA NUOVO PAESE,
ERANO OPERAI ,CONTADINI
COMMERCIANTI,CHE DELUSI SIA
DAL COMUNISMO CHE DAL
LIBERALISMO CERCAVANO
LA "TERZA VIA" PER UNA SOCIETA PIU
GIUSTA.ERANO UOMINI CHE
DOMINARONO IL PROPRIO
DESTINO ANZICHE COME ADESSO
SUBIRE INERMI IL TRACOLLO
DELLA NAZIONE E DEGLI IDEALI IN
DEFINITIVA ERANO UOMINI VERI.





giovedì 5 febbraio 2009

BRUNO MUSSOLINI - IL FIGLIO PREDILETTO DEL DUCE

Bruno Mussolini (Milano, 22 aprile 1918 – Pisa, 7 agosto1941) .


E' stato un aviatore italiano. Figlio terzogenito di Benito Mussolini e di Rachele Guidi, fu ufficiale della Regia Aeronautica e Medaglia d'Oro al Valore Aeronautico.
Grande appassionato di aerei, a Bologna ebbe come compagno di studi Federico Cozzolino con cui divise passione e lavoro nella Regia Aeronautica.A 17 anni fu il pilota militare piu giovane d'Italia. Fu anche uno dei dirigenti della compagnia aerea Ala Littoria.
Durante la guerra d'Etiopia venne assegnato, assieme al fratello Vittorio, alla 14ª Squadriglia Quia sum leo, conosciuta anche come Testa di leone. Nell'agosto 1937 partecipò, con uno dei Savoia-Marchetti S.M.79 della squadriglia dei Sorci Verdi, alla corsa aerea Istres-Damasco Parigi.
Il suo aereo concluse la gara al terzo posto. Sempre con questa squadriglia, nel gennaio 1938 partecipò alla trasvolata Italia-Brasile.
Allo scoppio della seconda guerra mondiale fu assegnato al 47° Stormo Bombardamento Terrestre di Grottaglie (TA) e Il 1 giugno 1941 gli fu assegnato il comando della 274ª Squadriglia Bombardamento a Grande Raggio (BGR), inquadrata all'interno del 46° Stormo con sede a Pisa.
A questa squadriglia erano stati assegnati i nuovi bombardieri quadrimotori Piaggio P.108B Due mesi dopo, il 7 agosto 1941, proprio su uno di questi velivoli, perse la vita.


Il velivolo impattato di Bruno Mussolini


I motori del suo aereo, mentre era in fase di atterraggio, subirono un brusco calo di potenza. Non riuscendo a riprendere quota l'aereo si schiantò poco dopo.
Nell'incidente persero la vita anche il tenente pilota Francesco Sacconi e il maresciallo motorista Angelo Trezzini. Il copilota invece si salvò perchè Bruno, morendo, lo coprì con il proprio corpo.
Mussolini in seguito alla morte del figlio subì un duro colpo e scrisse solamente in una notte il libro intitolato Parlo con Bruno.

Bruno lasciò la moglie Gina e la figlia Marina ancora piccola.

Nel 1939 Bruno Mussolini era stato nominato Presidente della Federazione Pugilistica Italiana. Alla sua morte, la carica passò al fratello, Vittorio.



Bruno Mussolini decorato da suo Padre



IN MEMORIAM
BRUNO MUSSOLINI



"AVIATORE DI TRE GUERRE,GIA


VOLONTARIO IN AFRICA E IN SPAGNA TRASVOLATORE DI


DESERTI E DI OCEANI,PIU VOLTE


CONSACRATO ALL EROISMO NELLA


BREVE PARENTESI DI UNA


GIOVINEZZA AUDACE MATERIATA


DI FEDE E DI AMORE DI PASSIONE E


DI BATTAGLIE.E CADUTO AL POSTO


DI COMBATTIMENTO CON NEGLI


OCCHI LA GIOIA


NELL ARDIRE,MENTRE EFETTUAVA UN


VOLO DI PROVA SU DI UN NUOVO


APPARECCHIO DA


BOMBARDAMENTO A GRANDE RAGGIO;


UNA DELLE PIU RECENTI CONQUISTE PER LE NUOVE BATTAGLIE E


PER LE NUOVE VITTORIE,COME SANNO SOLO DARE I PIONIERI E GLI EROI.


VOLENDO DARE MAGGIORI GLORIE ALL ALA DELLA PATRIA,LE HA DATO LA VITA."